Diaconi campania, esercizi spirituali regionali 2008 (parte prima)

“Fede ci vuole per amare Dio.  Chi manca di fede, manca a Dio.  Risolvetevi a vivere ed a morire impastati di fede”
(liberamente tratto dagli scritti spirituali di San Gerardo)
Diario di “viaggio” di sei giorni di meditazione, prima pate.
I diaconi della regione Campania si sono riuniti per gli “esercizi spirituali annuali” presso  il Santuario di San Gerardo in Materdomini (AV) dal 21 al 27 agosto 2008, di seguito alcuni  appunti setacciati nei rivoli della memoria dopo sei giorni  di intensa e partecipata meditazione. per le foto clicca qui.
Programma tipo delle giornate:
ore 07.00 sveglia; ore 08.00 lodi in Basilica, ore 09.00 prima colazione, ore 09.30 prima meditazione, meditazione personale, ore 12.00 Santa Messa, ore 13.30 pranzo,  ore 15.00 meditazione personale, ore 16.00 seconda meditazione, ore 19.00 vespri,  ore 20.00 cena e ore 22.00 compieta.
Montevergine 21 agosto 2008, giovedì. Arrivo nel pomeriggio. Dopo i saluti e le indicazioni date dal coordinatore regionale Francesco Giglio, tutti in Basilica, sulla tomba di San Gerardo (nella foto), per la celebrazione dei vespri.  La cena e la compieta concludono la prima mezza giornata.
 
Montevergine 22 agosto 2008 venerdì mattina.  E’ il giorno di  Don Angelo Barra il suo invito alla meditazione verte sullapreghiera“.  L’incontro è arricchito dalla nota spiritualità che  questo sacerdote carico di cultura e di umanità possiede.  Il passo scelto da Don Angelo è Mt 6,5-8.  Il primo tassello che Don Angelo fissa per il proprio puzzle di riflessione è: “il passo scelto ci insegna come pregare e come non pregare”, e ancora “la preghiera è l’atto con il quale riconosciamo il nostro principio (chi siamo) e poi dove andiamo […] ci aiuta a far conoscere noi e poi l’altro, […] facendoci aprire all’infinito”.  Don Angelo intercalando il parlato con il silenzio riesce in breve tempo a creare nella sala un alone di spiritualità toccante.  E continua, “senza la preghiera, la Fede è un’idea, è sociologia, è volontariato […] pregare non è un elenco di cose da “guardare”,  ma da fare proprie, da –mangiare– […] da essere a tu per tu con Dio.  Non tutto è preghiera […] la preghiera cristiana è accettare che lo Spirito Santo abita in noi, e ci fa prendere conoscenza che siamo in Dio e che Dio è in noi”. Concludendo “ipocrita, è colui che cerca se stesso, è colui che cerca il proprio io. Solo chi si svuota di se si riempie di Dio. Quando più ti senti arido, è il segno che Dio sta lavorando per te e con te, e lì bisogna pregare, perchè l’umile si fa spogliare. […] non bisogna –amare pregare-, ma –amare– la preghiera”.
Montevergine 22 agosto 2008 venerdì pomeriggio. Con Mt 14, 22-36, Don Angelo apre la riflessione del pomeriggio,  “la fede e il dubbio”.  “Quando la fede vacilla Gesù stende la mano, e siamo noi uomini creati liberi ad accettare l’aiuto o meno.  Pensate al camminare sulle acque come alla maturità della fede, […]  il dubbio perfeziona la fede, perchè fa cadere il superfluo dal nostro io, […] non prendete nulla per il viaggio, lasciate cadere ogni cosa che è superflua.  […] ci consente di scoprire qualche verità.  Se il Re ha dato la propria vita, anche i discepoli devono fare lo stesso”.  I commenti al dialogo di Don Angelo sono superflui, in maniera chiara, incisiva scava nei dubbi che tutti ci portiamo dietro.  “[…] la chiesa è una barchetta, non il titanic, per questo non affonda: mai! il vento contrario è la morte dello spirito, dell’intelletto.  Il Vangelo è controcorrente, ed è un vento leggero, che rinfresca, non fa danni, ti culla e spinge una barca piccola e la fa camminare anche a dispetto dei venti contrari. […] Gesù viene, perchè ha potere su tutto.  Tutto è sotto i suoi piedi, anche le acque (e tutti sapete la simbologgia che riveste nell’apocalisse).  La paura ci sgonfia, ci disarma, la paura ci fa scambiare le cose, anche i discepoli scambiano Gesù per un fantasma.  La fede è il coraggio di credere, NULLA E’ IMPOSSIBILE A DIO”.
Così si conclude l’invito alla meditazione di Don Angelo Barra, Sacerdote per Grazia  di Dio, paladino della spiritualità e amico della preghiera.
 
Montevergine 23 agosto 2008 sabato mattina.  La carità nel diacono, con questo indirizzo è partita la riflessione di don  Enrico Franchetti,  partendo da  Gv13, 1-20 il parroco di Olevano sul Tusciano (SA), ha sapientemente suscitato negli uditori momenti di forte riflessione e di emulazione.  Il brano è esplicativo della vera natura della carità e del vero simbolo diaconale, il grembiule che cinge i fianchi.  “l’ora è quella della Croce, del settimo giorno.  Gesù restituisce tutta l’umanità redenta al Padre, mediante un gesto di carità infinita […] lavare i piedi agli Apostoli dopo aversi cinto i fianchi”.  Don Enrico ha poi continuato ponendo in essere il parallelsimo tra Giuda e Pietro e di loro nei confronti di Gesù.  Ma ancora sul –telo-: ” […] il telo con cui si cinge i fianchi sarà lo stesso telo che avrà anche sulla Croce (metaforicamente), possiamo togliere al Cristo tutto, tranne che la carità. La carità sarà sempre con Lui”. Ed ancora “[…] i piedi sono il simbolo del cammino dell’uomo che si allontana, che si allontana da Dio, e con la Croce ritrova la strada, e con la carità è abbraciato da Cristo, che con umiltà terge i piedi dalla polvere del viaggio”.
Montevergine 23 agosto 2008 sabato pomeriggio. Con le beatitudini, di Matteo ( Mt 5, 1-10) don Enrico inizia la riflessione pomeridiana.  Partendo da una chiarificazione del contesto storico del Vangelo di Matteo, richiama nella mente di tutti l’attualizzazione del messaggio.  Lo stesso brano viene proposto con  una lettura diversa, non in chiave sociologica, così come siamo tentati  di  fare, ma in chiave cristologica.  Mettendo in parallelo le betitudini con il legno della Croce e la pericope successiva con le qualità del Risorto.  Per semplicifcare, Gesù sul CROCIFISSO è: Beati i poveri, Beati gli afflitti, Beati i miti etc.; Gesù da RISORTO è: il regno dei cieli, sarà consolato, erediterà la terra, sarà saziato, etc.  […] cari confratelli, ha concluso don Enrico, le Beatitudini sono il –breviario– della vita cristiana, cerchiamolo sempre nel nostro cuore, per poterlo far vivere a quelli che non credono”. Dopo queste riflessioni la metidazione non poteva non essere fatta all’ombra della croce  all’interno del Santuario. 
Montevergine 24 agosto 2008 domenica mattina.  La Speranza, (questo il tema di oggi) nella vita di tutti i giorni, il brano scelto è stato:1 Pt 1,3-9.  La speranza, è una fede rivestita dei beni futuri, […] è la virtù più difficile” .  Il passo del Vangelo preso è esortativo, riflessivo, rasserenante che regala fiducia.  Sembra quasi un’esortazione al sorriso e alla -speranza- continua, con queste prerogative ha inizio la riflessione pomeridiana.  “La speranza che nasce dal Battesimo […] quando siamo divenuti figli di Dio”.  “il rigenerare e esuperare l’insicurezza del passato,  soggiogare il presente e  cercare con gioia la speranza nel futuro […] è speranza viva in Cristo -che è il primo dono che il Padre ci ha fatto- è eredità che non si corrompe e non marcisce […].  E ancora continuando, con l’importanza e la necessità per l’animo umano di dover incontrare sulle strade della preghiera oltre alla carità anche la speranza vera luce delle genti.
Montevergine 24 agosto 2008 domenica pomeriggio. Sempre con la prima lettera di Pietro  (con un altro passo 1Pt 13-21) il sacerdote di Olevano sul Tusciano ha aperto la meditazione del pomeriggio.  Don Enrico riprendendo molti dei concetti enunciati anche la mattina ha sviluppato il suo discorso partendo da una base psicologica. Ha tracciato vari quadri della speranza:  come libertà concettuale,  che ci trasforma,  che ci imprigiona,  che ci rende cristiani e quindi figli di Dio.  “La mente che cammina verso la Speranza, […] la psiche non è imprigionabile […] la mia mente se farcita della Speranza va  già oltre. […] senza lasciarsi prendere dalle passioni, non si fa conforme al mondo attuale, va oltre, […] le passioni sono come un vasaio che ci trasforma, fa si che il nostro Padre, che è nei cieli,  non ci riconosce più,  […] non è ingiusto Dio, ma la vera giustizia la stò costruendo oggi con le mie azioni e i miei modi di vivere, […] la speranza è prima della fede e della carità, la speranza che Cristo risorto ha redento i nostri peccati”.  Con queste parole termina la riflessione di don Enrico Franchetti, sacerdote per grazia di Dio e uomo di speranza che regala speranza, bussando con intelligenza alle porte del cuore di chi l’ascolta.
Domani pubblicheremo il diario dei  tre giorni “passati” con S.E. Monsignor Aiello.
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