Web Liturgia: penitenziali comunitarie; l'acqua del battesimo la notte di Pasqua; inginocchiatoi e statue votive; “ad impossibilia nemo tenetur”
Don Antonio Sorrentino risponde oggi ai quesiti di Roberta e Alessandro.
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- Roberta B. scrive a don Antonio Carissimo don Antonio, in una risposta lei ha sottolineato l’importanza del Rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale. Le chiedo: in una comunità parrocchiale è opportuno celebrarla una volta al mese oppure soltanto nei tempi forti (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua)? Inoltre: qual è il significato, dopo aver allargato le braccia, di tenere le mani giunte quando al termine di una preghiera, come la colletta, il sacerdote dice: Per il nostro Signore Gesù Cristo… Il n. 48 di pag. 182 del Messale Romano relativo alla Veglia pasquale recita: … Se la benedizione dell’acqua battesimale è stata compiuta nel presbiterio, i ministri portano al battistero il bacile con l’acqua. Le domando: nella nostra parrocchia durante la Veglia pasquale usiamo un bacile contenente acqua che viene benedetta e che usiamo per celebrare anche i battesimi sia in forma tradizionale che per immersione. Per questo motivo l’acqua è molta e il bacile particolarmente pesante. Non sarebbe opportuno togliere questo bacile al termine della celebrazione della Veglia? Oppure non potrebbe restare per tutta l’ottava come segno di ciò che abbiamo vissuto durante la notte di Pasqua?
Don Antonio Sorrentino risponde a Roberta
1. È molto utile prevedere celebrazioni penitenziali comunitarie della penitenza (con o senza confessioni individuali), per educare i cristiani allo spirito penitenziale, per sottolineare la nostra partecipazione o solidarietà nel peccato (siamo figli di Adamo) e nella grazia (siamo riconciliati in Cristo). Con quali scadenze? Dipende dalla sensibilità e necessità della comunità: evidentemente nei tempi forti, in occasione di feste patronali e di Quarantore, ma anche a scadenze regolari, ad es. una volta al mese.
2. Il gesto tipico dell’orante, presente in tutte le religioni antiche, è quello delle braccia allargate e alzate verso il cielo, a dire che la nostra anima si apre a Dio, per invocarne a accoglierne l’aiuto. È un gesto di attesa e di fiducia. Come Mosè sul monte (Es 17,9-14), come Gesù in croce, il sacerdote prega così a nome della comunità. Anche i fedeli recitano così il Padre nostro (non a catena). Le mani giunte, invece, palmo contro palmo, sono segno di impotenza e di supplica, indicano abbandono fiducioso in Dio.
3. Si suppone che nelle chiese vi sia, se non un battistero, almeno una bella vasca battesimale, eventualmente anche oncata, dove portare l’acqua appena benedetta nella Veglia pasquale. Lasciare il contenitore lì in presbiterio in bella vista per tutta la settimana in albis? Sì, purchè sia bello e non intralci i movimenti nelle celebrazioni.
- Alessandro S. scrive a don Antonio: Carissimo don Antonio, durante la S. Messa dopo la distribuzione della Comunione che è avvenuta sotto la sola specie del pane, l’accolito può consumare il Sangue di Cristo che è rimasto nel calice? Oppure è bene che lo consumi il celebrante? Nella chiesa abbiamo sia statue di santi che quadri. Le chiedo: dinanzi ad ogni statua, quadro e immagine di Gesù, Maria e Santi è bene che ci sia un inginocchiatoio? O è preferibile che non ci sia? Per l’adorazione della Croce lei ci ha insegnato che potendolo si faccia una bella genuflessione, e non un semplice inchino. Le domando: se una persona per motivi fisici non può genuflettersi, può il Venerdì santo adorare la Croce facendo davanti ad essa solamente un inchino? Se fosse possibile, l’inchino dovrà essere profondo o solo col capo? Infine può soltanto inchinarsi e non baciare la Croce?
Don Antonio risponde a Alessandro
1. Spetta al sacerdote o al diacono o all’accolito istituito consumare il vino consacrato eventualmente rimasto nel calice prima di purificarlo (OGMR, n. 248c).
2. Certo, non siamo protestanti: le nostre chiese non sono nude, ma ospitano anche, secondo un’antichissima tradizione, immagini sacre, esposte alla venerazione dei fedeli. Però – avvertono la SC al n. 125 e l’OGMR al n. 318 – non siano eccessive e la loro disposizione non distolga l’attenzione dei fedeli dalla celebrazione. Tante candele, un inginocchiatoio ad ogni statua o quadro o immagine sacra con sovrabbondanza di fiori (mentre forse c’è appena un lumicino davanti al SS.mo!) potrebbero dare l’impressione di un culto esagerato, non ordinato e diseducante. Sobrietà, misura e ordine devono caratterizzare il culto cristiano.
3. La liturgia prescrive la genuflessione, evidentemente per chi può farla: ma “ad impossibilia nemo tenetur”, per cui ciascuno esprima la sua adorazione e il suo amore come meglio può.
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