Web Liturgia: OGMR n. 164; l'inchino: quando?

Don Antonio Sorrentino  risponde oggi alla domanda di: Giovanni.   Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA, basta cliccare qui.

GIOVANNI scrive: Carissimo don Antonio, in una risposta lei ha scritto sull’atteggiamento da assumere dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo durante la Messa:  La normativa attuale non è troppo precisa e univoca e conviene interpretarla. È vero, finita la Comunione di tutti e portate nel tabernacolo le ostie eventualmente rimaste, si può stare in ginocchio oppure seduti per il ringraziamento e un eventuale canto. Com’è possibile che una normativa non sia troppo precisa e univoca se è preparata da commissioni di esperti e approvata dall’autorità competente?  Un secondo quesito: l’OGMR 275 recita: a) L’inchino del capo si fa quando vengono nominate insieme le tre divine Persone; al nome di Gesù, della beata Vergine Maria e del Santo in onore del quale si celebra la Messa. In virtù di questa norma durante la Messa gli inchini non sarebbero troppi? Ad esempio considerando il nome di Gesù solo all’inizio della celebrazione si avrebbero:  2 inchini al Gloria ( due volte c’è il nome di Gesù ), subito dopo alla colletta ( Per il nostro Signore Gesù Cristo… ), al saluto iniziale dopo il segno della croce ( La grazia del Signore nostro Gesù Cristo… ).  Infine le domando:  in genere al termine della Messa i ministranti col sacerdote quando entrano in sacrestia fanno l’inchino alla croce.  Si fa questo inchino dopo la celebrazione della Passione del Signore il Venerdì santo?

DON ANTONIO SORRENTINO risponde:

1. La normativa sull’atteggiamento da tenere dopo la Comunione, che sembra non troppo precisa e dettagliata, va interpretata tenendo anche conto di principi generali. Nel nostro caso bisogna favorire l’uniformità dei gesti di tutta l’assemblea. Pertanto, nonostante ricorrenti e diffuse tentazioni di comodità e di disinteresse, è bene non frantumare l’assemblea in posizioni diversificate (chi in piedi, chi in ginocchio, chi seduti), ma finita la Comunione e portate nel tabernacolo le Ostie rimaste, sembra preferibile che tutti stiano seduti per ringraziare il Signore in silenzio e con il canto, così come anche il Presidente, purificati i vasi sacri, sta seduto alla sua sede (OGMR n. 164).

2. La liturgia rinnovata dal Concilio ha ridotto molto gli inchini: ad esempio, quelli che si facevano durante il Gloria alle parole “Adoramus te, grazias agimus tibi propter magnam gloria tuam”, oppure, nel dialogo introduttivo del Prefazio, alle parole “rendiamo grazie al Signore nostro Dio”. Quei pochi inchini che sono rimasti si facciano con fede. Si noti che gli ebrei (e lo stesso San Paolo), quando nominavano Dio, facevano sempre una piccola dossologia (ad esempio: “Che sia benedetto nei secoli”, “A lui la gloria”). Ho conosciuto persone anziane che si comportavano allo stesso modo o con le parole o togliendosi il cappello, ogni volta che nominavano Dio o Gesù o Maria.

3. Terminata la celebrazione del Venerdì santo, e per tutto il sabato, si fa genuflessione alla Croce. Ma, tornando in sacrestia, penso basti l’inchino alla croce posta sulla parete, senza trasferire in questa situazione la norma liturgica della genuflessione propria della celebrazione.

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