Web liturgia: don Antonio risponde

Riportiamo di seguito le risposte  di don Antonio Sorrentino, ai vostri quesiti. Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina nello spazio dedicato ai commenti.


 
La partecipazione attiva alla Liturgia
 
Francesco Caldarelli
Inviato il 18/01/2009 alle 18:05:12
Caro Padre Antonio,
come altri potrei farle mille domande relative alla liturgia, e Lei da persona preparatissima mi risponderebbe chiarendomi i dubbi e le lacune.
Visto che ho l’opportunità di potere dialogare con Lei, vorrei invece, farLe una richiesta venuta dal cuore: come potere trasformare la propria partecipazione alla celebrazione da semplice entità, in senso figurativo inteso come numero, ad una partecipazione attiva intesa in tutti i sensi.
Nella speranza di ricevere una Vs risposta in merito, colgo l’occasione per porgerLe cordiali saluti.
Francesco Caldarelli
 
La risposta di Don Antonio Sorrentino:
"Partecipare: ecco una delle affermazioni più ripetute -almeno 16 volte- e più autorevoli del Concilio a riguardo della liturgia; tanto che la partecipazione può dirsi uno dei principi caratteristici della dottrina e della riforma del Concilio Vaticano II" (Paolo VI).
In realtà, fin dall’antichità, questa parola è stata il termine chiave per la comprensione della liturgia.  Esprime, infatti, un rapporto intimo con la realtà celebrativa sia nel suo aspetto esterno sia nella sua profonda realtà misteriosa, culminante nella ricezione del corpo e sangue del Signore.  Partecipare significa rispondere a un invito: è festa di gioia e gratitudine rispondere all’invito del Signore che convoca il suo popolo, che dà appuntamento alla sua sposa.
Parteciapre significa anche intervenire assumendosi un ruolo, impegnandosi in aziioni concrete e coordinate, affinchè la celebrazione, che è insieme "azione di Dio e del suo popolo", possa effettivamente glorificare Dio e santificare i fedeli.  Pertanto, partecipazione attiva , significa anzitutto uscire da un atteggiamento di chiusura, per aprire il cuore al dono di Dio ed entrare, attraverso riti e preghiere, in contatto con il mistero pasquale di Cristo, che ci coinvolge e ci salva, nella misura in cui -per la grazia di Cristo- moriamo al nostro egoismo e risuscitiamo a vita nuova.  Partecipare attivamente significa anche servire volentieri e con gioia se si è richiesti di prestare qualche servizio particolarenella celebrazione (Ordinamento Generale del Messale romano da ora citato come OGMR 97, ndr), parlando o agendo non in modo agitato, disordinato e distraente, ma in modo sereno e raccolto, per favorire una partecipazione anche pia e fruttuosa.  Tutto quello che si fa nella celebrazione deve favorire e non impedire il contatto personale e comunitario con Cristo.  Se ciò non avvenisse, la celebrazione fallirebbe il suo scopo.

Processione offertoriale
 
Michele di Salerno
Inviato il 19/01/2009 alle 17:51:13
Caro don antonio, nel ringraziarla per l’opportunità che ci offre vorrei alcuni ragguagli in merito alle “processioni offertoriali”. Sono cresciuto solo con il pane ed il vino, oggi al momento della processione si vede di tutto. Chitarre, libri, bambini, famiglie, mani piene e mani vuote, insomma una volta per sempre ci può chiarire come va fatta la processione offertoriale, cosa va portato? dove vanno collocate le cose portate? ai piedi dell’altare? e poi è proprio necessaria farla, liturgicamente parlando?
Grazie per la cortesia della risposta.
Michele Ferrara 
La risposta di Don Antonio Sorrentino:
Leggiamo dall’OGMR, n 140: "E’ bene che la parteciapzione dei fedeli si manifesti con l’offerta del pane e del vino per la celbrazione dell’Eucarestia, sia di altri doni per le necessità della Chiesa e dei poveri".  Purtroppo, alcune processioni offertoriali sembrano più sfilate folcloristiche (occasioni ghiotte per i fotografi) che vero rito liturgico.  Sembra davvero urgente fermare una diffusa effervescenza fantasiosa, frutto di una male intesa creatività, che fa portare all’altare anche effetti estranei al rito (palloni e magliette, bandiere e mattoni, scarpe e sandali, libri e progetti, posters e carte topografiche…) oppure Bibbie e catechismi, crocifissi e icone, codice di diritto canonico e costituzioni religiose (cose tutte che si ricevono dalla chiesa e non vanno offerte al Signore).  Benedetto XVI avverte: "La semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni valgono più dell’artificiosità di aggiunte inopportune" (Sacramentum Caritate, n 40).  Pertanto, rispettando la norma, vengono portati all’altare solo doni "veri", che servono per il culto e la carità, e nient’altro.
Questo gesto della presentazione dei doni può essere esplicitato da brevissime parole di commento, senza eccedere in chiacchiere superflue e inutili.  La sobrietà è legge fondamentale del culto cristiano, che non è lezione e tantomeno spettacolo.

Unione di Lodi e Vespri
 
Mena Pizzuti
Inviato il 19/01/2009 alle 19:45:46

Rev.mo don Antonio Sorrentino,
vorrei sapere se liturgicamente è corretto celebrare
nella stessa funzione le lodi e la messa.
La risposta di Don Antonio Sorrentino:
Uno dei doni più belli del Concilio è stata la riscoperta della Liturgia delle Ore quale preghiera non più riservata solo al clero o ai monaci (il famoso Breviario di Manzoniana memoria), ma quale “preghiera pubblica e comune di tutto il popolo di Dio”. Per riaccostarci progressivamente anche ai fedeli laici, soprattutto nei momenti fondamentali di preghiera del mattino (Lodi) e della sera (Vespri). Paolo VI consentì di poter unire Lodi e/o Vespri alla celebrazione della Messa, però preferibilmente solo nei giorni feriali. In realtà, unendo queste due celebrazioni si perde qualcosa di ciascuna di esse. L’ideale sarebbe di dare loro spazio sufficiente e indipendente, recuperando tempo adeguato e proprio per Lodi e Vespri, che rispettivamente preparano ed estendono alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero eucaristico (cfr. “Principi e norme per la liturgia delle Ore”, nn 1.12.93-99).

Visita pasquale del parroco alle famiglie

Arturo Di Serio
Inviato il 21/01/2009 alle 18:23:14

Caro padre Antonio volevo chiederle, le benedizioni pasquali vanno fatte prima o dopo Pasqua? grazie.
Arturo 

La risposta di Don Antonio Sorrentino:
Il canone 529 del Diritto Canonico, recita: “ Per poter adempiere diligentemente l’ufficio di pastore, il parroco cerchi di conoscere i fedeli affidati alle sue cure. Perciò visiti le famiglie. Quando? Oltre a visite occasionali (Sacramenti, situazioni di malattie e di gioia), il Direttorio su pietà popolare e liturgia (n 152) prevede esplicitamente la “benedizione annuale delle famiglie nelle loro case” nel tempo pasquale da parte del parroco, per esortarle alla vita cristiana e rendersi partecipi dei loro problemi. Il Benedizionale suggerisce anche le preghiere idonee per tale visita (nn. 68-69). Alcuni parroci anticipano tale visita in Quaresima, soprattutto per invitare i fedeli alle celebrazioni pasquali. Nel rito ambrosiano (o milanese) la visita si fa in Avvento. E’ bene che non si perda questa buona tradizione, purché il parroco avverta le famiglie sul tempo preciso in cui arriva, per incontrare effettivamente le persone, pregare con loro (e non ridursi a benedire pavimenti e mobili). Sembra inopportuno raccogliere offerte, ad evitare il rischio di una interpretazione errata della visita.

L’uso delle torce nella Messa solenne
 
Gerardo di Nola
Inviato il 23/01/2009 alle 9:51:24
Caro don Antonio,
vorrei alcune delucidazioni in merito all’uso delle “torce” nelle solenni celebrazioni eucaristiche.
Quante 4 o 6?
Quando devono entrare ?
Quando si devono inginocchiare e quando si devono alzare?
L’incensiere va in mezzo?
Quando si deve inginocchiare l’incensiere e quanto si deve alzare?
Quando il corteo deve andare via?
Perchè si compie questo gesto?
Grazie
Don Gerardo (diacono)
 
La risposta di Don Antonio Sorrentino:
Sia il Messale Romano (nn. 150-179) sia il Cerimoniale dei Vescovi (nn. 86 e 155) prevedono che il diacono o un altro ministro (accolito o ministrante) incensino l’Ostia e il calice quando il sacerdote, appena dopo la consacrazione, la presenta all’adorazione dell’assemblea. E’ previsto anche che sia possa suonare il campanello, per richiamare l’attenzione dei fedeli in questo momento centrale della Messa. Però non si parla di torce o candelieri, che invece erano previste nel rito preconciliare. Certo, se ancora si usano, non è male. E’ vero che nella celebrazione Eucaristica vi sono tanti tipi di presenza reale del Signore (nell’assemblea, nel sacerdote che presiede, nella Parola che viene proclamata –SCn.7-); ma quella eucaristica è “presenza per eccellenza” (Paolo VI), perché è presenza non solo reale, ma anche sostanziale. Se, soprattutto nelle Messe festive, si usano le torce (due o quattro o sei), i ministranti che le portano escono al Sanctus (preceduti dal turiferario), fanno inchino all’altare, s’inginocchiano all’epìclesi e si alzano al “Mistero della Fede”. Il turiferario, fatta la genuflessione all’eucarestia, ritorna in sacrestia, invece sembra più logico che i torriferi rimangano li, in piedi finché c’è presente Gesù Eucarestia, se mai disponendosi diversamente alla Comunione, fino al termine di essa, e accompagnino il ministro se porta l’Eucarestia al tabernacolo in altro luogo della chiesa.

La comunione in mano

Marinella di Eboli
Inviato il 23/01/2009 alle 13:36:04

Caro sacerdote,
volevo sapere se è lecito prendere la particola consacrata in mano durante la comunione, o se il sacerdote, o chi per esso deve amministrarla lui senza farla toccare al fedele.
Grazie e saluti

La risposta di Don Antonio Sorrentino:
Il Messale Romano (OGRM, n161) prevede -a sua discrezione- possa ricevere la Comunione (sempre dal ministro, senza prenderla direttamente) o sulla lingua o sulle mani sovrapposte “e protese verso il ministro, ad accogliere con riverenza e rispetto il corpo di Cristo” (CEI, La comunione in Mano, n 15). Poi il fedele se ne ciba devotamente, subito, davanti al ministro stesso, senza portare in giro, tanto meno a posto, la sacra Ostia.

Qualche preghiera di preparazione alla Messa
 
Giuseppe da Sarno
Inviato il 25/01/2009 alle 17:02:21

Caro don Antonio per favore potrebbe regalarci qualche preghiera preparatoria alla Messa, per rassenerare lo spirito dopo l’inquinamento del vivere quotidiano.
grazie
 
La risposta di Don Antonio Sorrentino:
Preghiera privata e preghiera liturgica non sono alternative né competitive: si alimentano e sostengono a vicenda. Se non c’è un clima abituale di preghiera, la celebrazione della Messa rischia di diventare semplice rito, senza partecipazione interiore e senza frutto. Pertanto, è bene giungere in chiesa un prima dell’inizio della Messa, in modo da prepararvisi in un clima di fede e raccoglimento. Dopo essersi segnati devotamente con l’acqua benedetta (in ricordo del Battesimo), è lodevole adorare il SS. mo Sacramento e poi prendere posto, per partecipare pienamente alla celebrazione. Qualche preghiera che aiuti a “rasserenare lo spirito” e a entrare in sintonia con la celebrazione? Chiedo scusa per l’autocitazione: nel mio libro “Incontri eucaristici” (edito dai dottrinari di Salerno) si possono trovare moltissime preghiere antiche e recenti, capaci di aiutarci nel nostro dialogo amoroso con il Signore.

Quale gesto deve accompagnare la recita (o il canto) del Padre nostro?
 
AGNESE
Inviato il 25/01/2009 alle 23:18:45
Caro Don Antonio Sorrentino, sono Agnese una bambina di otto anni,le vorrei chiedere , quando si recita il Padre Nostro,le mani sono rivolte al fratello vicino oppure il palmo rivolto verso il Signore?Grazie per la sua risposta.
 
La risposta di Don Antonio Sorrentino:
Fin dai primissimi tempi (Didachè, Tertulliano, Cipriano) il Padre nostro è stato sempre recitato come preparazione immediata alla S. Comunione. Ciò per tre motivi: è la preghiera tipica dei figli di Dio; in essa chiediamo il pane (quello per il corpo e quello “sovrastanziale” dell’Eucarestia), imploriamo il perdono dei peccati. Il Padre nostro fa da cerniera o ponte tra la prece eucaristica , che evidenzia soprattutto l’offerta del sacrificio al Padre, e la partecipazione al convito eucaristico. Va recitato o cantato da tutti (sacerdoti, coro e fedeli, mai solo da un gruppetto) in piedi e con le braccia allargate e rivolte verso l’alto: così dispongono i Vescovi italiani nelle “Precisazioni al Messale” del 1983. Questo è il gesto tipico dell’orante, testimoniato già presso greci, egizi ed ebrei e anche nelle catacombe cristiane. Pertanto non sta bene collegarsi con le mani a catena. Nella liturgia ogni gesto ha il suo momento e il suo significato. Quattro gesti esprimono il dinamismo dei riti di Comunione: il segno della filiazione (Padre nostro), il segno della fraternità (darsi la pace), il segno della condivisione (frazione del pane), il segno della incorporazione a Cristo (ricevere il corpo di Cristo).

Invadenza dei fotografi
 
Alfonso di salerno
Inviato il 26/01/2009 alle 9:38:47
Caro reverendo,
ho saputo leggendo il sito del vostro corso per lettori. Ieri ho partecipato ad un battesimo presso una chiesa di Salerno e ho visto, o meglio non ho visto nulla perchè tra fotografo e cineoperatore la celebrazione è stata preclusa ai più.
Volevo chiedere, è possibile fare un corso anche per loro (per gli operatori dei flash intendo) ?
Potrebbe dirmi se ci sono momenti della Celebrazione che non possono essere disturbati da nulla, neanche da un semplice click.
Grazie per la sua risposta.
 
 
La risposta di Don Antonio Sorrentino:
E’ bello avere anche un ricordo fotografico della ricezione dei Sacramenti. Però fotografi e cineoperatori non devono disturbare e distrarre i fedeli con i loro continui movimenti, flash e cliks. Essi devono operare stando nel luogo loro indicato dal parroco, senza aggirarsi per la chiesa o addirittura nel presbiterio né richiamare l’attenzione delle persone per foto in posa. Il loro intervento è previsto all’inizio, alla fine e nel momtno tipico del Sacramento che viene celebrato. Pertanto, non è consentito operare mentre si proclama la Parola di Dio o si fa l’omelia, tanto meno durante la prece eucaristica e quando tuti pregano con il sacerdote. E’ esplicitamente proibito scattare foto dopo la Comunione, per non disturbare il ringraziamento. La celebrazione non è uno spettacolo, ma un mistero, che richiede grande rispetto e clima di fede orante. Quale fotografo oserebbe, per fare foto, invadere il terreno di gioco durante la partita o salire sul palcoscenico di un teatro durante la rappresentazione? Speriamo di organizzare degli incontri formativi anche per fotografi e cineoperatori. Ma molto dipende dal parroco per dare indicazioni precise agli interessati.

Acclamazione alla Parola di Dio

Domenico
Inviato il 27/01/2009 alle 10:13:19

é un abuso acclamare nuovamente al Vangelo dopo la sua proclamazione? Nelle celebrazioni un pò più solenni si osserva che dopo la proclamazione del Vangelo, segue spesso nuovamente il canto dell’Alleluia, quindi il bacio del Libro, la sua elevazione…. E’ errato riproporre tale cosa anche nel contesto della canonica messa domenicale?

La risposta di Don Antonio Sorrentino:
La parola di Dio giunge a noi ritualmente attraverso tre momenti:
1) Invocazione: il prete o il diacono invoca la “purificazione del cuore e delle labbra per annunciare definitivamente il Vangelo”. Anche il lettore facendo il suo bello inchino davanti all’altare, potrebbe in silenzio pregare: “Apri, Signore, le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode”.
2) Proclamazione: cioè annuncio solenne e pubblico delle opere di Dio a nostra salvezza;
3) Acclamazione: cioè grido di stupore e di gioiosa gratitudine perché il Signore si è degnato di dialogare con noi.

Dopo il Vangelo si acclama: “Lode a te, o Cristo”. Si può aggiungere il canto dell’Allelulia? Non è previsto, però, soprattutto nel tempo pasquale, potrebbe essere considerato un prolungamento e una caratterizzazione gioiosa, come quando alle antifone si aggiunge l’alleluia. Non è previsto che il sacerdote elevi il legionario e con esso benedica il popolo: ciò è riservato al Vescovo (“a ciascuno il suo” dice il Concilio. SC28).

Posizione del coro

Domenico
Inviato il 27/01/2009 alle 10:22:19

è preferibile che il coro sia inserito nel corpo dell’assemblea o che sia in un luogo a parte, come ad es. in quei vecchi spazi completamente disgiunti ove vi era anche l’organo?

La risposta di Don Antonio Sorrentino:
Fino al Concilio il coro normalmente aveva il suo posto dov’era l’organo, cioè sulle cantorie, collocate o dietro le facciate della chiesa o sui lati alti del presbiterio. In tale modo il coro accompagnava e solennizzava la celebrazione, però quasi sempre escludendo la partecipazione canora dell’assemblea, che si limitava a “sentire” la Messa a anche –come si diceva nel ‘600- a “gustare il banchetto di suoni, colori, e profumi e luci della liturgia”.
Il concilio ha cambiato prospettiva: “Il popolo canti!”, insisteva già Pio X nel 1903. E’ tutta l’assemblea che celebra, sia pure con ruoli distinti ma convergenti. Il coro non è separato né sovrapposto all’assemblea: ne è parte e guida. Con i suoi interventi deve favorire il canto e interpretare la preghiera di tutti. Non ha un ruolo indipendente dalla celebrazione in atto. Canto e musica, infatti, sono modalità espressive del rito e non sono privilegio di pochi né diletto estetico del popolo, ma patrimonio celebrativo di tutti. Pertanto, le Note pastorali della CEI sulla Progettazione delle nuove chiese e sull’Adattamento delle chiese secondo la riforma liturgica (nn.15 e274) esigono che il posto del coro sia nell’aula dell’assemblea, tra il presbiterio e l’assemblea; non certamente di fronte all’assemblea tanto meno sul presbiterio amai alle spalle del celebrante, quasi fare da sfondo scenografico e distraente. No, insomma, a collocazioni esibistiche da concerto, ma posizione utile anche a partecipare alla Comunione (per non riceverla- ahimè- dopo la Messa).
 

Turiferario

Gabriella
Inviato il 29/01/2009 alle 19:29:20

Il turiferaio al Vangelo deve rimanere vicino all’ambone o deve ritornare in sacrestia a riporre l’incensiere? Grazie.

La risposta di Don Antonio Sorrentino:

E’ bene che il turiferario durante la proclamazione del Vangelo rimanga come i ministranti che reggono i candelieri presso l’ambone, senza tuttavia agitare l’incensiere, per non disturbare il ministro o i fedeli.
 


 

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