Web Liturgia: le "corone" offerte a Maria; il 2 novembre ed il cero pasquale; ministranti adulti; cose opinabili;

Don Antonio Sorrentino  risponde oggi ai quesiti di Marina e Marcello.

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Marina chiede: Caro don Antonio, ho notato nelle chiese che i fedeli lasciano sulle mani della statua della Vergine Maria o dei santi le corone del S. Rosario che in alcune occasione diventano numerose. Le chiedo se è bene lasciarle per rispettare le intenzioni dei fedeli, oppure toglierle per rispettare la bellezza e il decoro delle immagini dei santi. In quest’ultimo caso, cosa fare di queste corone del Rosario? Il 2 novembre durante la celebrazione eucaristica della Commemorazione dei fedeli defunti, è opportuno preparare il cero pasquale?  Se fosse possibile dove sarebbe meglio collocarlo? Al centro del presbiterio oppure accanto all’ambone?  Infine il cero pasquale in ogni celebrazione eucaristica in cui viene usato può essere incensato sia all’inizio che alla presentazione dei doni? Oppure segue la normativa che regola l’incensazione delle immagini dei santi, cioè anche il cero pasquale andrebbe incensato solo all’inizio durante il canto d’ingresso?

Don Antonio Sorrentino risponde a MARINA

  1.  Deporre corone del Rosario tra le mani della statua della Vergine Maria forse è un segno di presenza oppure di offerta. Speriamo che diventi un impegno a recitare il Rosario. Certo, per il decoro delle immagini sacre, talvolta tante corone sono disdicevoli: togliendole, se ne potrebbe fare dono.
  2.  Saggiamente la liturgia riserva a celebrazioni particolari l’uso di determinati segni, a evitare che se ne stemperi e o se ne perda la valenza simbolica. Pertanto, il cero pasquale va acceso nelle domeniche della cinquantina pasquale fino a Pentecoste, nelle celebrazioni del Battesimo, della Cresima e – non prescritto, ma sempre appropriato, nelle Messe di Prima Comunione – nonché nelle celebrazioni esequiali. Per estensione, non sembra disdicevole accenderlo il 2 novembre, ponendolo accanto all’ambone: quello è  il suo posto normale. L’incensazione del cero pasquale è prevista solo a Pasqua.

 

Marcello chiede: Carissimo don Antonio, se durante la settimana si celebra una festa di un santo come il 4 ottobre in cui ricordiamo S. Francesco d’Assisi e non ci sono ministranti all’altare, per la proclamazione del Vangelo è possibile che due fedeli che partecipano alla Messa e quindi che hanno abiti civili al canto dell’Alleluia prendano le due candele che stanno sull’altare e vanno all’ambone mentre il ministro proclama il Vangelo utilizzando il Lezionario e non l’Evangeliario? Tutto ciò si potrebbe fare anche in qualunque giorno, anche ad esempio in una feria del tempo ordinario, se si tratta di una situazione particolare? Inoltre in una risposta lei ci ha insegnato: La fiducia che si accorda ad un liturgista in materia di interpretazione delle norme su dettagli opinabili dipende dalla credibilità e autorevolezza che gli si riconosce. In tal caso conviene che si sia fedeli a lui. Ho compreso l’importanza di affidarsi ad un solo liturgista come lei ci ha spiegato. Tuttavia quando abbiamo la possibilità di conoscere le posizioni liturgiche di più liturgisti che fondamentalmente hanno le stesse idee, non sarebbe opportuno seguire le interpretazioni di uno o dell’altro indifferentemente? Ad esempio a me sembra che lei come don Silvano Sirboni e Rinaldo Falsini abbiate sostanzialmente lo stesso modo di vedere e quindi mi sembra naturale seguire l’interpretazione di uno o dell’altro serenamente, anche se qualche volta i vostri insegnamenti possono essere diverse. La ringrazio per il suo preziosissimo aiuto per vivere la liturgia come incontro vero e profondo con Cristo Risorto.

Don Antonio Sorrentino risponde a Marcello

  1. Le due candele che stanno sull’altare non si toccano. Se non vi sono ministranti, è preferibile non complicare il rito con interventi extra. D’altra parte, una celebrazione festiva gode di una maggiore ministerialità, mentre la celebrazione feriale ovviamente – già nella sua struttura rituale – è più semplice e sobria. Evitiamo di omologare le celebrazioni.
  2.  Nelle cose opinabili è bella la libertà.

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