Web Liturgia: L'altare, il perdono e i ministranti

Don Antonio Sorrentino  risponde oggi alle domande di: Luciana, Clara, Antonio. Domani don Antonio risponderà alle domande di Don Giovanni, Michele e Marina.  Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA, basta cliccare qui.

Luciana scrive: vorrei tanto sapere se le candele e i fiori vanno posti sull’Altare dove viene celebrata la S. messa, chiedo questa domanda perchè il nostro parroco dice che vanno posti al fianco ad una distanza di 2 metri sia i fiori che i candelabri; vorrei tanto sapere se il vaticano permette questo, l’Altare così è nudo, aspetto una Vostra risposta e ringrazio cordiali saluti Luciana

Don Antonio risponde: L’altare è l’elemento più nobile e sacro della chiesa. Esso è insieme e irriducibilmente ara sacrificale e mensa conviviale. Esso, quale segno di Cristo (che è allo stesso sacerdote, vittima e altare), viene dedicato ungendolo con il crisma. Viene venerato con l’inchino profondo, con il bacio e l’incensazione e viene ornato con fiori e luci. A evitare che diventi supporto o mensola di appoggio per fiori e candelieri, è preferibile che questi vengano posti non sopra, ma presso l’altare, in modo che esso risplenda nella sua valenza cristologica e nella sua bellezza strutturale. Considerato lo spazio a volte ristretto del presbiterio, spesso si è obbligato a porre fiori e candele sull’altare. In tal caso, i vescovi italiani, nelle Precisazioni al Messale del 1983, invitano a non esagerare “per numero e dimensioni”. Lo stesso microfono non sia così invadente da porre in secondo piano il calice e il pane eucaristico, cui spetta la loro primaria importanza e visibilità.

Clara R. scrive: Gent.mo don Antonio, le scrivo per chiederle una spiegazione sulla frequenza della celebrazione del sacramento della Penitenza. Alcuni fedeli, in particolare quelli che fanno parte del Rinnovamento nello Spirito oppure di un gruppo carismatico, ricevono questo insegnamento dai loro formatori: quando si commette un peccato, bisogna subito confessarlo perché può favorire l’attaccamento ad un vizio e quindi a fare più peccati. La conseguenza di questo insegnamento è che si confessano ogni settimana. E se non ci riescono non si sentono bene spiritualmente. Io penso invece che non sia necessario confessarsi perché si è commesso un solo peccato. Caro padre, cosa pensa di tutto ciò?  Il Messale Romano a pag. 418 prevede quattro formule per introdurre il Padre nostro. A pag. 420 prevede ancora quattro formule per introdurre il segno di pace. A pag. 425 indica invece cinque formule per il congedo. Le domando: per il Padre nostro, per il segno di pace e per il congedo bisogna usare solo questi testi indicati dal Messale oppure per questi tre casi si possono inventare altre formule che riflettano la Liturgia del giorno? Le chiedo anche un approfondimento sulla risposta relativa ai petali di rose a Pentecoste. I fedeli quando sono aspersi dai petali di rose, devono inchinare il capo e segnarsi col segno della croce? Qual è il modo giusto per iniziare il S. Rosario? In un libro ho trovato il seguente schema: Nel nome del Padre … O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto. Gloria al Padre… Ma è corretto unire il segno della croce con il tradizionale versetto iniziale delle Ore della Liturgia delle Ore? Leggendo il n. 94 di Principi e Norme per la Liturgia delle Ore sembrerebbe di no.

Don Antonio risponde:

  1. Per avere il perdono dei peccati gravi è necessaria la confessione individuale e completa. Essa rimane l’unico mezzo ordinario per la riconciliazione con Dio e con la Chiesa e per partecipare all’Eucaristia (cfr CCC, nn. 1484.1493.1497).  Per avere il perdono delle colpe veniali, pur essendoci altre vie di “penitenza quotidiana” (ne parlano diffusamente Sant’Agostino, S. Giovanni Crisostomo), tuttavia, la Chiesa raccomanda vivamente la celebrazione del sacramento della Penitenza, perché questo sacramento non solo purifica dai peccati, ma accresce la grazia che dà forza per vincere le tentazioni, conduce ad una maggiore vigilanza su se stessi e consente, nell’incontro personale con il sacerdote, di averne consigli utili per la vita cristiana. Pertanto, la confessione frequente, se ben fatta, produce buoni frutti di santità. Con quali scadenze? Sarebbe già buona cosa confessarsi ogni mese. Ma, se si cadesse in un peccato mortale, lo si confessi al più presto, per ritornare subito nella grazia di Dio e riprendere fiduciosi il cammino. Un tempo si diceva: “Il peccato non confessato trascina, col suo peso, ad altri peccati”. Ottima cosa è la confessione settimanale, purché non diventi una pratica abitudinaria senza impegno serio di progressiva conversione.
  2. Per introdurre il Padre Nostro o il gesto di pace o il congedo è bene le formule alternative proposte dal Messale. È possibile anche farne altre, però che siano brevi, semplici, intonate alla liturgia che si sta celebrando; non vaghe, superficiali, lunghe, noiose, scontate. A evitare brutte sorprese (per il prete e per i fedeli), è preferibile e pi sicuro stare ai testi proposti dal Messale.
  3. Se i fedeli vengono aspersi con petali di rose a Pentecoste, non sembra necessario chinare il capo e segnarsi col segno di croce.
  4. Per antica tradizione, la liturgia delle Ore inizia con un versetto salmico introduttivo: “Signore, apri le mie labbra…” (Salmo 50,16). Le singole Ore iniziano con il versetto: “O Dio, vieni a salvarmi…” (Salmo 69,2). Parimenti, pur non essendo esplicitamente detto, si è soliti accompagnare questi versetti con un piccolo segno di croce tracciato con il pollice sulle labbra (nel primo caso) oppure con il segno grande di croce tracciato sul corpo (nel secondo caso). Sia l’Istruzione sia il libro della Liturgia delle Ore non accennano a un segno di croce (parole e gesto) da premettere separatamente ai versetti introduttivi (come invece prescritto per l’inizio della Messa). Questa modalità di inizio della Liturgia delle Ore è stata adottata anche per la recita del Rosario. Pertanto, sembra un di più premettere a parte un segno di croce con le relative parole; ma, dicendo “O Dio, vieni a salvarmi” si fa anche contemporaneamente il segno di croce. Del resto, anche quando (a Lodi, Vespri o Compieta) iniziamo i rispettivi cantici evangelici, pur facendo il segno di croce (a indicarne la provenienza dal Vangelo), non lo accompagniamo con le parole “Nel nome del Padre…”.

Antonio scrive: Carissimo padre, qual è il significato del fuoco che viene acceso all’inizio della Veglia pasquale? Simboleggia qualcosa? Perché viene benedetto? Durante la celebrazione eucaristica non abbiamo un’idea chiara su un atteggiamento: quando il sacerdote sta o in piedi o seduto alla sede che si trova esattamente dietro l’altare, i ministranti quando passano tra essi, a chi devono fare riverenza? Al celebrante o all’altare? Una domanda se ho compreso bene una sua risposta relativa al Venerdì santo: i ministranti possono partecipare alla processione d’ingresso e possono anche prostrarsi a terra? Le chiedo un approfondimento perché ho sempre sentito che i ministranti non possono prostrarsi a terra, perché è un gesto riservato ai ministri ordinati. Infine che testo per la formazione dei ministranti può suggerirci?

Don Antonio risponde:

  1. La Veglia pasquale è il centro, il vertice e la sorgente di tutto l’anno liturgico. Celebra Cristo vittorioso sul peccato e sulla morte. Tutta la celebrazione è incentrata su Cristo nei segni del fuoco-luce, della Parola, dell’acqua e del pane, a dire che “Cristo è essenziale alla vita: non è un dolcetto, di cui si possa fare a meno” (Bonhoeffer). La Veglia pasquale inizia appunto con la benedizione del fuoco, da cui si accende il nuovo cero pasquale: Cristo è la luce del mondo. Perciò si consiglia di accendere un vero fuoco davanti alla chiesa, da cui parte la processione che introduce il cero pasquale acceso in mezzo all’assemblea ancora avvolta nell’oscurità. Il documento della Sacra Congregazione del Culto divino sulle celebrazioni pasquali (1988) insiste e raccomanda vivamente: come c’è la messa di mezzanotte a Natale, così (e tanto più) deve esserci la Messa pasquale di mezzanotte, senza accampare pretesti per anticiparla, tanto più che si è in primavera.
  2. Se i ministranti passano tra l’altare e il presidente, devono fare riverenza al celebrante.
  3. La prostrazione è un segno intenso di adorazione, di umiltà e di donazione. La si fa (mentre si cantano le Litanie dei Santi) durante le sacre ordinazioni dei Ministri della Chiesa (vescovi, presbiteri, diaconi) nonché durante la professione religiosa. La troviamo anche all’inizio della celebrazione del Venerdì Santo, in assoluto silenzio (l’antico messale prescriveva “per la durata di un Miserere”). La prostrazione è prescritta per i ministri, mentre gli altri stanno in ginocchio. Ma, se accoliti e ministranti sono preparati, non è disdicevoli che anch’essi si prostrino a terra.
  4. Testi per la formazione dei ministranti: C. CARINI, Il servizio liturgico del ministrante, Paoline, € 10,00; Manuale dei giovani ministranti¸LDC, € 5,90; Manuale del ministrante, EBD, € 6,50; Nel raggio della stessa (per i più piccoli), Effatà, € 4,50.

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