Web Liturgia: i ministranti e il Vangelo; l'inchino; baciare il Vangelo; austerità…

Don Antonio Sorrentino  risponde oggi alle domande di: Alessandro e Salvatore.  Domani sarà il turno per le risposte ai quesiti di Gino.

Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA, basta cliccare qui.

Alessandro S. scrive: Caro don Antonio, lei ci ha insegnato che durante la proclamazione del Vangelo i ministranti che portano i ceri devono stare l’uno di fronte all’altro.
Se i ministranti per motivi di spazio possono stare indietro o davanti rispetto all’ambone e non a destra e a sinistra dell’Evangeliario, dove è opportuno che si rivolgano: sempre l’uno di fronte all’altro oppure verso l’Evangeliario come prescrive l’OGMR 133: I presenti si rivolgono verso l’ambone, per manifestare una particolare riverenza al Vangelo di Cristo?  Le chiedo di spiegarmi meglio l’atteggiamento da assumere quando si riceve il Corpo di Cristo. Lei ci ha insegnato che Il “leggero inchino” prima di ricevere l’Eucarestia, apre e chiude la sequenza rituale (ostensione dell’Ostia, atto di fede, ricezione).  Poiché il n. 4 dell’Istruzione della Conferenza episcopale italiana del 1989 che permette la Comunione sulla mano scrive: Il fedele che desidera ricevere la comunione sulla mano presenta al ministro entrambe le mani, … e mentre riceve con rispetto il Corpo di Cristo risponde Amen facendo un leggero inchino, le domando: dato che l’inchino è previsto quando si dice Amen, non è eccessivo fare un leggero inchino, qualche istante prima, per aprire la sequenza rituale?  Un ultima domanda: nel Messale compare in tutte le preghiere il termine Risurrezione. E’ sbagliato usare la vocale e, cioè dire Resurrezione?

Ad Alessandro, don Antonio Sorrentino risponde così:

  1. Sì, la posizione dei ministranti che portano i candelieri, rivolti verso l’Evangeliario (o il Lezionario), “evidenzia una particolare venerazione al Vangelo di Cristo” (OGMR n. 133).
  2. Volendo essere precisi, i tre momenti della sequenza rituale della Comunione ai singoli fedeli, pur molto vicini fin quasi a sovrapporsi, potrebbero essere così coordinati: il fedele, giunto davanti al ministro, fa’ il leggero inchino previsto ai vescovi italiani, il sacerdote gli mostra l’Ostia dicendo: “Il corpo di Cristo”; il fedele la guarda, risponde “Amen” e la riceve. Evidentemente tutto ciò si può fare bene a condizione che non ci sia fretta!
  3. In latino è “resurrectio” (con la “e”); in italiano è prevalsa al dizione “risurrezione” (con la “i”). Questa trasformazione rientra nel fenomeno linguistico detto “iotacismo”: nel greco bizantino e moderno la “i” tende a sostituirsi alla “e” (sia epsilon sia eta), nonché ai dittonghi “ai”, “ei”, “oi”. Ad esempio la parola “eirene” (pace) nel greco moderno va pronunziata “irini”; come anche “einai” (= verbo essere) viene pronunziato “ine”.

Salvatore F. scrive: Carissimo don Antonio, le Acclamazioni previste nel Rito della comunione fuori della Messa e culto eucaristico al n. 237 a pag. 118 possono essere recitate in forma alternata? Ad esempio: il sacerdote in ginocchio dice Dio sia benedetto e i fedeli rispondono dicendo: Benedetto il suo santo nome. E così fino all’ultima acclamazione.  Lei ha scritto: La proclamazione della passione di Gesù, anche nella sua forma dialogata, per antica tradizione è austera: infatti, non si usano né ceri né incenso né saluto iniziale né segni di croce sul libro e sulla persona né bacio del libro alla fine. Però si conclude regolarmente con l’acclamazione “Parola del Signore – Lode a te, o Cristo” (Messale Romano, n. 23, p. 122). Perché non baciare il libro alla fine è un segno austero?  Cosa s’intende per austerità?  Infine: il sacerdote, quando alla presentazione dei doni viene incensato, è bene che faccia due volte l’inchino insieme al ministro che lo incensa e che si inchina prima e dopo averlo incensato?

A Salvatore don Antonio Sorrentino risponde così:

  1. Le acclamazioni “Dio si benedetto”, a lode di Dio e in riparazione delle bestemmie, furono composte nel 1797 dal gesuita P. Felici. Vennero indulgenziate da Pio VII nel 1801, furono introdotte da Pio IX a conclusione della benedizione eucaristica e da Leone XII anche a fine Messa. Possono essere recitate (o cantate) sia in modo alternativo (ministro/fedeli) sia in modo ripetitivo. Non c’è alcuna precisazione al riguardo. In Campania le cantiamo con una bella melodia, composta dall’abate di Cava dom fausto Mezza negli anni Cinquanta.
  2. Per “austerità” si intende minori segni di festa. La stessa Bibbia insegna: “Ogni cosa ha il suo momento… C’è un tempo per baciare e un tempo per astenersi dal bacio” (Ecclesiaste, 3,1.5). Anticamente l’omissione del bacio alla fine del Passio veniva interpretata e giustificata in riferimento al bacio di Giuda. Ora, semplicemente, insieme all’omissione del saluto iniziale e dell’incensazione, intende evidenziare che siamo in tempo di passione. Analogamente, pur avendo sempre la Messa anche un riferimento all’Incarnazione e al Natale, tuttavia, in segno di austerità, viene omesso il Gloria nei tempi di Avvento e di Quaresima.
  3. Il sacerdote viene incensato in quanto segno di Cristo capo (cfr Sacrosanctum Concilium n. 7); perciò viene onorato con l’inchino profondo prima e dopo l’incensazione. Evidentemente egli riceve, ma non ricambia l’inchino.

Add a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *