Web liturgia: don Antonio Sorrentino risponde
|Terzo intervento settimanale di don Antonio Sorrentino che oggi risponde alle domande di: Rosaria, Simona, Elvira e Marcello, domani le risposte a Teresa, don Giovanni, Ciro ed Alessandro. Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA, basta cliccare qui.
Rosaria S. scrive: Caro don Antonio, le vorrei chiedere una precisazione su una risposta che lei ha dato sulla riverenza da fare quando si riceve la Comunione in mano o direttamente in bocca. Lei ha scritto facendo riferimento a OGMR n.160: Fino a oggi, nessuna indicazione precisa è stata data a riguardo. Pertanto, basta un leggero inchino, che apre la sequenza rituale della Comunione: riverenza, astensione dell’Ostia, atto di fede (“il Corpo di Cristo. Amen.”). A me sembra che sia stata data dai vescovi italiani una norma chiara. Faccio riferimento all’Indicazioni particolari, n. 4 dell’Istruzione della Conferenza episcopale italiana del 1989 che permette la Comunione sulla mano: Il fedele che desidera ricevere la comunione sulla mano presenta al ministro entrambe le mani, … e mentre riceve con rispetto il Corpo di Cristo risponde Amen facendo un leggero inchino. Da questo documento mi sembra di capire che l’inchino vada fatto non per aprire la sequenza rituale ma per concluderla dovendola fare quando si dice Amen. Mi può chiarire questo dubbio- Inoltre bisogna invitare ad assumere l’atteggiamento giusto coloro che prima di ricevere la Comunione, davanti al sacerdote, invece dell’inchino fanno la genuflessione? In diverse risposte lei ci ha insegnato che è preferibile evitare l’espressione Gesù Sacramentato preferendo Gesù Eucaristia o Gesù Eucaristico. E’ opportuno usare altre due espressioni: Gesù Comunione e Santissimo Sacramento? Vorrei considerare il caso in cui un ministro straordinario porta la Comunione agli ammalati in un momento della giornata al di fuori della celebrazione eucaristica. E’ possibile questo? Oppure i ministri devono ricevere la Comunione da portare ai malati solo durante la Messa? Se è possibile portarla anche durante la giornata, è corretto da parte del ministro straordinario dire quando si rivolge al sacerdote: Posso avere delle particole, oppure delle Ostie? I ministri straordinari possono aprire il tabernacolo e prendere Gesù Eucaristia da sé, o devono riceverla dal sacerdote? Se possono farlo da soli, è bene che genuflettano prima o dopo aver aperto la porticina del tabernacolo? Inoltre è opportuno che prendano le Ostie consacrate direttamente dalla pisside che sta nel tabernacolo oppure è bene portare la pisside sull’altare e lì mettere nella teca le particole consacrate e poi riporre la pisside nel tabernacolo? In quest’ultimo caso è bene accendere le candele dell’altare? Il ministro dopo aver riposto la pisside nel tabernacolo deve genuflettersi o inchinarsi oppure non compie nessun segno di riverenza portando con sé la teca con Gesù Eucarestia? Infine non deve esserci nessun segno per far comprendere che il ministro che sta camminando per strada porta con sé la teca contenente Gesù Eucaristia?
Don Antonio Sorrentino risponde:
- Il “leggero inchino” prima di ricevere l’Eucarestia, apre e chiude la sequenza rituale (ostensione dell’Ostia, atto di fede, ricezione). Purché si faccia non stiamo a sottilizzare e soprattutto cerchiamo di distribuire l’Eucarestia con calma!
- L’espressione “SS Sacramento” è popolarissima e precisa (a indicare il più grande e santo dei sacramenti); Gesù – comunione è espressione strana e incompleta. L’eucarestia non è solo comunione ma anche presenza e sacrificio.
- Particole = si può intendere anche quelle non ancora consacrate.
- Ostie = è più esatto
- I ministri straordinari (come gli accoliti) possono prendere da sé le ostie per la comunione ai malati, direttamente dal tabernacolo, genuflettendosi quando lo aprono. Le ostie si mettono in una teca, contenuta in una piccola borsa che si appende al collo (non in Tasca). Non c’è bisogno di genuflettere chiudendo il tabernacolo, se si tiene con sé la teca! Nei tempi passati, in una società quasi tutta cristiana, si portava la comunione ai malati (soprattutto il Viatico) con grande solennità: ceri, squilli di campanello, ombrello. Oggi in una società pluralistica, secolarizzata e agitata dalla fretta e dal traffico, questo ritualità sembra improponibile. Perciò non è previsto alcun segno esterno. Il ministro, tuttavia, sia sereno, raccolto. Anche un passante dovrebbe accorgersi che il prete, (anche il ministro straordinario della comunione) non sta semplicemente camminando, ma sta compiendo qualcosa di Sacro.
Simona chiede: Carissimo don Antonio, esiste uno schema ben preciso per la recita del Rosario, come c’è per i riti, oppure gli schemi possono essere diversi? Quando si recita o si canta il Gloria al Padre, si può dire come sento spesso: Sia Gloria …? Oppure il termine Sia non va aggiunto? Quando si recita o si canta questa preghiera durante il Rosario vedo fare il segno della croce. E’ bene farlo? Inoltre alle parole Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo si fa un inchino. E’ corretto questo gesto? Se lo fosse, l’inchino deve essere solo col capo o profondo cioè con tutto il corpo? Nella preghiera dell’Ave Maria sento dire spesso: … Tu sei la benedetta fra le donne. Si può far precedere il termine benedetta con l’articolo “la”? Quando si recita il Padre nostro durante il Rosario bisogna concluderlo con Amen? Si conclude con Amen anche ogni Ave Maria e Gloria al Padre? Il Padre nostro va recitato con le braccia allargate come si fa per la S. Messa? Quando per ogni mistero si recita il Padre nostro, 10 Ave Maria e il Gloria al Padre bisogna stare seduti, in piedi o in ginocchio? Il Salve Regina va recitato o cantato stando in piedi? La preghiera dopo le litanie va recitata dal celebrante stando in piedi, mentre tutti i fedeli stanno seduti? La preghiera “ O Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci … della tua divina misericordia. Questa preghiera riguarda un’apparizione di Fatima? Si può aggiungere: O – mio – divina nei punti sopra indicati come sento dire? L’editrice Shalom ha pubblicato un libro che è sempre più diffuso: “Pregate, pregate, pregate”. Sembra che alimenti troppe novene, devozioni avendo eccessivi riferimenti alle cosiddette rivelazioni private . E’ positivo questo? Cosa ne pensa di questo libro? Si può consigliare ai fedeli sicuri che porterà solo benefici?
• Elvira sullo stesso argomento ha scritto: Caro don Antonio, vorrei capire qual è il modo giusto di proclamare il Vangelo durante il Rosario. Se lo legge un laico, deve dire: Dal Vangelo secondo … e poi concluderlo dicendo Parola del Signore? Oppure deve dire, come trovo scritto nel Benedizionale quando il Vangelo è proclamato da un laico, Ascoltate la parola del Signore dal Vangelo secondo …? In quest’ultimo caso il lettore cosa dice quando conclude la lettura? Inoltre quando si proclama il Vangelo tutti devono stare in piedi, oppure si può stare seduti o in ginocchio trattandosi della preghiera del Rosario? Il lettore può leggere il Vangelo al suo posto tra i banchi della chiesa (stando seduto o in piedi?) oppure deve andare all’ambone? Il modo di proclamare il Vangelo da parte di un laico durante il Rosario è lo stesso se si celebra una veglia di preghiera, una Liturgia della Parola, un incontro di preghiera, mentre si adora il santissimo Sacramento? Invece se durante il Rosario il Vangelo è proclamato dal sacerdote o dal diacono, tutto avviene come si fa per la Messa? Le chiedo un consiglio: quando si inizia il Rosario con la consapevolezza che non c’è il tempo per concluderlo perché inizia una celebrazione, per recitarlo con calma e senza fretta è consigliabile fermarsi quando non si può più continuare, oppure per ogni mistero recitare 5 Ave Maria anziché 10, o che altro? Nella nostra parrocchia la sacrestia si trova come in tante altre chiese accanto all’altare ed ha due porte. All’ingresso della chiesa c’è una cappella senza il Santissimo Sacramento. Forse sarà messo in futuro. E’ opportuno che il sacerdote pur stando da solo inizi la processione d’ingresso dalla cappella e per giungere all’altare percorrendo la navata centrale, per poi ritornare nella processione finale nella sacrestia e non nella cappella? Tutto questo è bene farlo solo la domenica, nelle solennità e nelle feste oppure ogni giorno?
Don Antonio Sorrentino risponde:
- Lo schema tradizionale del Rosario è il seguente: Gloria al Padre, giaculatoria, enunciazione del mistero, Padre nostro, 10 Ave. Volendo esplicitarlo, o renderlo più vero, si suggerisce la lettura di un breve brano biblico corrispondente al mistero, una brevissima riflessione e/o intenzione. La recita del Rosario non è una celebrazione liturgica, per cui non vi è alcuna indicazione specifica circa la gestualità che l’accompagna né dobbiamo trasferirvi la ritualità propria delle celebrazioni liturgiche. Pertanto, per antica consuetudine, il Rosario normalmente si recita stando seduti, per “contemplare” meglio i misteri, con calma, alternando le voci (solo-tutti, oppure primo e secondo coro). Ci si potrebbe alzare in piedi, per cantare il Gloria al Padre. A conclusione, in piedi, si recita o canta Salve regina e si recitano (in piedi o in ginocchio) o cantano le litanie mariane. Quante decina? In genere cinque; ma , se si da più spazio alla lettura biblica e al commento, basterebbero anche tre; purché si preghi sempre con calma, senza fretta, altrimenti il Rosario diventa un “polpettone” ripetitivo e sonnifero, difficilmente accettabile dai giovani.
- Anche il Rosario, pur non essendo liturgia- esige tuttavia un minimo di dignità celebrativa. Esso non è riempitivo adatto a colmare vuoti da riempire (ad esempio, in attesa che arrivi il prete in ritardo). Pertanto, ha bisogno di calma, di tempo, di raccoglimento. E’ preghiera vocale, ma anche e soprattutto contemplativa. Infatti, noi diciamo, “nel primo mistero contempliamo …”. La fretta-diceva sant’Alfonso – è la peste della preghiera. Tu non puoi8 regalare a Maria un fascio di rose (“il rosario”) secche o marcite!
- Quanto alle formule delle preghiere della tradizione cristiana, è bene rispettare i testi precisi della CEI, quali si trovano nei Catechismi, senza introdurre aggiunte, varianti, omissioni arbitrarie, che creano disagio nella preghiera comune. Non ci crediamo più intelligenti o devoti dei vescovi italiani. Il Gloria al Padre non ha un “Sia” iniziale, però esige la congiunzione “e” al Figlio “e” allo Spirito santo. Nell’Ave, o Maria … il Signore è con te … tu sei benedetta fra le donne (senza tutte) e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù (senza varare “seno tuo” né “ventre”). Come anche non c’è l’articolo la benedetta fra le donne. Fuori della Messa e della Liturgia delle Ore, sembra congruo chudere con l’Amen il Padre Nostro, così come si fa con L’Ave o Maria e con il Gloria al Padre. Nella Messa non c’è l’amen perché il Pater ha un prolungamento o sviluppo (detto embolismo) che viene chiuso con l’acclamazione “Tuo è il Regno …” parimenti il Pater a Lodi e Vespri continua nell’Orazione (che perciò non viene introdotta con l’invito “preghiamo”, che invece introduce la preghiera conclusiva di Mattutino, Ora Media, e Compieta). Al termine dell’Orazione c’è l’Amen.
- La Salve Regina si sua recitarla o cantarla in piedi; invece le litanie in genere vengono recitate stando in ginocchio oppure seduti se vengono cantate.
- La giaculatoria “O Gesù, perdona le nostre colpe …” fu insegnata ai tre pastorelli dall’Angelo, che li preparò all’apparizione della Vergine
- Novene, devozioni, rivelazioni private. Molte di queste devozioni sorsero anche per riempire il vuoto lasciato da una liturgia che (sia per l’uso del latino, sia per una gestualità divenuta complicata e oscura) di fatto non consentiva una partecipazione cosciente e attiva. Nell’entusiasmo dell’applicazione della riforma liturgica, molte di queste devozioni furono sbrigativamente eliminate (ad esempio la benedizione eucaristica a sera con le belle “Visite al SS. mo di sant’Alfonso”). Oggi ritornano: il concilio afferma che la liturgia pur essendo “vertice e fonte della vita cristiana” (Sc 10), tuttavia “non è tutto” e c’è posto per i pii esercizi (Sc9.13). Però ci sia equilibrio. Le pie pratiche non diventino né appaiano più importanti delle celebrazioni liturgiche: Eucarestia, Sacramenti; Liturgia delle Ore. Devono essere preparazione e prolungamento.
Marcello M. scrive: Rev. mo don Antonio,vorrei avere qualche chiarimento sull’uso dei campanelli e delle campane.E’ bene suonare il campanello prima che inizi la S. Messa anche se c’è il canto d’ingresso? Questo campanello può essere messo in chiesa, vicino alla porta della sacrestia in modo che il celebrante quando esce può suonarlo? Oppure può stare ovunque se viene suonato dai fedeli? In alcune chiese sento che alla consacrazione si suona il campanello quattro volte. Quando il sacerdote stende le mani sul pane e sul vino, quando li presenta per l’adorazione e quando il celebrante dice Mistero della fede. Dopo la riforma liturgica è giusto suonarlo? E anche quattro volte? A me sembra che l’OGMR indichi tre volte al n. 150 che recita: Poco prima della consacrazione, il ministro, se è opportuno, avverte i fedeli con un segno di campanello. Così pure suona il campanello alla presentazione al popolo dell’ostia consacrata e del calice secondo le consuetudini locali. Durante la Messa in Coena Domini alla sera del Giovedì santo e durante la Veglia pasquale mentre si canta Il Gloria si suonano le campane. Allo stesso tempo all’interno della chiesa dove sono radunati i fedeli si può suonare il campanello che si usa per l’inizio della S. Messa e/o i campanelli che si usano per la consacrazione? Le campane invece quando devono essere suonate? Quando il sacerdote sta per iniziare a celebrare? Un tempo ben preciso prima che inizi la celebrazione? In questo caso quanto tempo prima? E’ bene e consigliabile far suonare le campane della chiesa quando si celebra la S. Messa durante la consacrazione per avvertire i fedeli del quartiere che in quel momento nella propria parrocchia si sta vivendo questo momento rituale così importante? Se è bene farlo, i fedeli che si trovano nelle strade devono segnarsi col segno della croce? E anche possibile suggerire di fermare le attività per qualche secondo per orientare il proprio pensiero a Dio? Il segno della croce infine va fatto ogni volta che si sente il suono della campana che indica l’ora, la mezz’ora e il quarto d’ora?
Don Antonio Sorrentino risponde:
- Né il Messale né il Pontificale fanno più menzione del suono del Campanello per indicare l’inizio della celebrazione, che incomincia con il canto d’ingresso. Fino al 1972, nel rito degli “Ordini minori”, l’Ostiario doveva suonare il campanello posto presso la sacrestia. Paolo VI abolì quest’ordine minore. Però rimane il campanello e nulla vieta che venga suonato, per invitare i fedeli ad alzarsi per accogliere il sacerdote, che, segno di Cristo capo, va verso l’altare per presiedere la celebrazione. Nei paesi quello squillo serve anche a far entrare in chiesa quanti si attardano a chiacchierare sul sagrato. Invece l’OGMR al nr.15 prevede “poco prima della consacrazione (in genere quando il sacerdote impone le mani sulle oblate e invoca lo Spirito santo), il ministro, se è opportuno, avverte i fedeli con un segno di campanello. Così pure suona il campanello alla presentazione dell’ostia consacrata e del calice secondo le consuetudini locali. Alcuni suonano anche per indicare la fine della consacrazione e dell’Agnello di Dio per segnalare che è vicina la Comunione.
- Al Gloria della Messa in coena domini e delle veglie pasquali si suonano la campane: anche i campanelli all’interno della chiesa? Non è previsto, né escluso se li si vuol suonare , si stia attenti a non disturbare la recita o il canto del Gloria.
- Il suono delle campane prima delle celebrazioni. Anche nei paesi, i tempi sono cambiati: ci sono ritmi di vita nuovi e diversificati. Stiamo attenti, discreti, giudiziosi per l’orario e la durata: alcuni potrebbero esserne infastiditi e denunciare l’inquinamento acustico. Penso che una suonata di 3-5 minuti mezz’ora prima della celebrazione possa bastare e non disturba. È devozione segnarsi all’Angelus, ma sembra eccessivo segnarsi ai vari rintocchi dell’orologio.