Web liturgia: don Antonio Sorrentino risponde
|Di seguito le risposte che don Antonio Sorrentino ha effettuato alle domande di: Flavio, Rosanna e Sabatino, domani le risposte a Rosaria, Simona, Elvira e Marcello. Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA, basta cliccare qui.
Flavio scrive: Gent. mo don Antonio, dopo la distribuzione dell’Eucaristia, quando il ministro porta nella cappella del Santissimo le particole avanzate percorrendo la navata dove naturalmente ci sono i banchi, i fedeli che in genere sono seduti devono alzarsi in segno di venerazione? E’ bene fare un inchino sia restando seduti e sia dopo essersi alzati? Ho letto l’Ordinamento generale del Messale Romano ma non ho trovato nessuna rubrica a riguardo. Il Rito della Comunione fuori della Messa e culto eucaristico al n. 114 a pag. 83 prescrive: …il ministro genuflesso incensa il santissimo Sacramento. Invece il n. 117 a pag. 85 recita: Il ministro straordinario …stando in ginocchio, mentre si fa un canto adatto, incensa il Sacramento. Il Cerimoniale dei Vescovi al n. 94 scrive: Per incensare il ss. Sacramento si sta in ginocchio. Le chiedo: Il santissimo Sacramento va incensato stando genuflessi o in ginocchio?L’Ordinamento generale del Messale Romano al n. 277 afferma: … Con tre colpi del turibolo si incensano: il Ss.mo Sacramento … In una recente risposta lei ha scritto: E’ previsto che vi sia incensazione (con tre tiri doppi) a ciascuna delle due elevazioni dopo la consacrazione. Le domando: I tre colpi del turibolo di cui parla OGMR 277 significano i tre tiri doppi, come lei ha scritto, e significano anche i tre tratti di turibolo com’è scritto nel Cerimoniale dei Vescovi al n. 92? A coloro che sono abituati ad incensare il Ss.mo Sacramento con tre tiri tripli, bisogna spiegare che è sbagliato? Com’è nata l’abitudine dei tre tiri tripli? In una risposta, sull’uso dell’incenso durante la consacrazione lei ha scritto: … e si alzano al “Mistero della fede”. Il turiferario, fatta la genuflessione all’eucarestia, ritorna in sacrestia… (e questo l’ho visto fare in piazza san Pietro nelle celebrazioni presiedute dal Papa. Ma l’Ordinamento generale del Messale Romano al n. 274 scrive: … I ministri che portano la croce processionale o i ceri, al posto della genuflessione fanno un inchino col capo. Questa rubrica credo che sia un richiamo del n. 70 del Cerimoniale dei Vescovi che afferma: Non compiono né la genuflessione, né l’inchino profondo coloro che portano oggetti che servono per la celebrazione, ad esempio la croce, i candelieri, il libro dei vangeli. Sembra implicito il riferimento al turiferario che portando un oggetto non deve genuflettersi. Può chiarirmi anche questo dubbio, cioè se il turiferario deve genuflettersi oppure no?La saluto molto cordialmente nella consapevolezza che ciò che ci insegnerà verrà messo in pratica nella nostra comunità.
Don Sorrentino risponde:
- Ancora sull’atteggiamento dopo la Comunione! Stiamo tutti in piedi (Per l’uniformità e per il rispetto all’Eucarestia) fino a che le Ostie avanzate vengono chiuse nel tabernacolo. Se il ministro passa in mezzo ai fedeli, è bene fare un inchino.
- Il SS.mo sacramento va incensato stando in ginocchio e facendo un inchino prima e dopo l’incensazione (cfr. Caer. Ep. , n.1109) con tre tiri doppi. L’uso di tre tiri tripli è una innovazione non registrata in alcun testo liturgico.
- “Quelli che portano la croce, i candelieri, l’Evangelario non fanno né la genuflessione, né l’inchino profondo” (cae.ep.,n.70). e in realtà ne sono impediti dagli oggetti stessi che portano. L’OGMR (n.274) invece prevede che al posto della genuflessione facciano un inchino col capo, perché lo si può fare. Invece il turiferario fa regolarmente la genuflessione (al SS.mo) o l’inchino profondo (quando è nprevisto all’altare, al vescovo, all’assemblea, perché non è impedito).
Rosanna M. chiede: Caro don Antonio, le rivolgo alcuni quesiti sulla celebrazione di un funerale. Al termine del rito dell’esequie è previsto l’uso dell’incenso per il corpo del defunto. E’ obbligatorio oppure è facoltativo? Oltre al corpo del defunto è opportuno incensare anche il cero pasquale? Se fosse possibile va incensato prima o dopo il corpo del defunto? Inoltre è bene mettere l’Evangeliario sulla bara sempre, oppure è opportuno riservare questo segno ai fedeli che in parrocchia si sono impegnati nella catechesi oppure in altre attività pastorali? Durante il rito dell’aspersione dell’acqua benedetta i ministri, i ministranti e i fedeli possono segnarsi col segno della croce? Poiché questo gesto non è previsto dal rito, è bene suggerirlo ai fedeli? Il sacerdote quando usa l’acqua santa e poi l’incenso, può prima aspergere e incensare tracciando prima il segno della croce sul corpo e poi girare intorno, oppure bisogna scegliere tra la prima e la seconda modalità? Qual è il significato di girare intorno? Il significato è lo stesso quando s’incensa l’altare durante la celebrazione eucaristica? Infine sotto la bara si prepara un tappeto. Poiché mi sembra che non sia previsto dalle norme, che significato ha? Caro padre, che suggerimenti può darci per far partecipare attivamente in queste celebrazioni i fedeli che in genere non vengono in chiesa? La ringrazio per la sua disponibilità e per gli insegnamenti preziosi che ci donerà.
Don Sorrentino risponde:
- Per ricordare che il defunto è battezzato, il rito esequiale prevede che a fine messa la bara venga aspersa con l’acqua benedetta. Non è detto “come” se girando intorno o stando ai suoi piedi o di fianco. Neanche è detto che l’aspersione venga fatta “ a forma di croce” (quante croci facili). È anche prevista l’uso dell’incenso, a significare che quel corpo-cadavere è stato tempio dello Spirito Santo ed è destinato alla risurrezione finale. Però è improprio aspergere anche l’assemblea e incensare anche il cero pasquale, che è posto presso il feretro (caer. Ep. N.824). quante fantasie! Stiamo al rito e facciamo bene, con serenità e gravità, quanto è prescritto, che è già tanto, senza indebite omissioni e neanche inopportune estensioni. Sotto la bara, che “lodevolmente” è posta sul pavimento (e non sul catafalco), si stende un tappeto in segno di rispetto.
- L’assemblea di una Messa funebre è spesso eterogenea per livello di fede e di rapporti col defunto. Perciò è difficile avere una partecipazione viva da parte di tutti. Conviene fare all’inizio una esortazione appropriata (breve, ma precisa e rispettosa), per invitare a partecipare con fede (o almeno con attenzione) unendosi alla preghiera e al canto. A volte sono presenti anche persone non credenti o non praticanti. La Messa funebre non è celebrazione del defunto (evitiamo elogi o canonizzazioni anticipate), ma è una “celebrazione del mistero pasquale di Cristo signore” (rito delle esequie, n1). Il prete è “ministro del conforto cristiano”: se la celebrazione è ben condotta (con l’omelia ben calibrata e canti appropriati), essa diventa messaggio di fede e di speranza anche per i “lontani” e gli “indifferenti” eventualmente presenti. Cosa mettere sulla bara? Oggi è invalso l’uso di coprirla interamente con i fiori. Però il Caer. Ep. (n. 824) prevede che vi si ponga il Vangelo o la croce. Se il defunto è un ministro ordinato, vi si possono mettere segni del proprio ordine.
Sabatino C. scrive: Rev. mo don Antonio, le scrivo per rivolgerle alcune domande sui ministranti. Prima che inizi la processione d’ingresso e dopo che la celebrazione è terminata, i ministri e i ministranti devono fare in sacrestia un inchino alla croce? Se è bene farla e se nella sacrestia c’è una croce, l’inchino va fatto a quest’ultima oppure alla croce processionale? Quando si fa l’inchino il celebrante recita una formula, del genere Procediamo in pace. In questo caso qual è la risposta dei ministranti? Al termine della celebrazione i ministranti dicono Prosit. Questo va detto mentre si fa l’inchino alla croce o subito dopo? Qual è la risposta del celebrante se i ministranti sono molti? L’inchino alla croce prima e dopo la celebrazione va fatto solo se si tratta della S. Messa o si fa anche prima e dopo di iniziare un matrimonio, un funerale, una liturgia della Parola, una veglia di preghiera, ecc.? L’inchino va fatto anche prima di iniziare un momento di adorazione eucaristica essendoci sull’altare il Santissimo Sacramento? Quando si fa l’inchino all’inizio e alla fine e si recita la formula bisogna farsi il segno della croce? Quando si canta l’Alleluia i ministranti che portano il turibolo e la navicella devono mettersi in ginocchio per far amministrare l’incenso al sacerdote? Il sacerdote amministra l’incenso stando seduto, come vedo spesso, o in piedi? Dopo aver amministrato l’incenso, il sacerdote tracciando un segno di croce benedice l’incenso. Perché l’incenso viene benedetto? Inoltre è possibile usare in sostituzione dell’incenso la mirra, se questa come prodotto assomiglia molto all’incenso? I ministranti che portano il turibolo e la navicella devono fare un inchino al sacerdote sia prima che dopo aver fatto amministrare l’incenso? L’inchino lo fanno anche quando il sacerdote benedice l’incenso? Infine è corretto che dopo che l’incenso è stato amministrato, chi porta la navicella ritorna in sacrestia o si mette in un posto riservato ai ministranti, mentre solo chi porta il turibolo con i ceroferari accompagna il ministro all’ambone per la proclamazione del Vangelo?
Don Sorrentino risponde:
- Il Messale tridentino prevedeva che, partendo per la celebrazione, il prete facesse l’inchino alla croce della sacrestia, dicendo: “procedemus in pace”, cui il chierichetto rispondeva: “In nomine Christi. Amen”. Come anche, al ritorno, si ripeteva l’inchino e il chierichetto diceva: “Prosit=giovi”, a cui il prete rispondeva: “vobis quoque= anche voi”. Nel Messale di Paolo VI non vi è traccia. Però non è disdicevole, anzi, sembra buona cosa recuperare questo formule, anche per dare inizio e conclusione al rito. Tuttavia non c’è bisogno di accompagnarle con segni di croce: già ce ne sono-belli e solenni- all’inizio e alla fine della Messa.
- Il turiferario, per fare imporre l’incenso, non s’inginocchi né davanti al vescovo né davanti al prete il vescovo impone l’incenso stando seduto (Caer. Ep. 140;OGMR 212), ma il sacerdote sta in piedi (OGMR n.131) insieme a tutti gli altri. L’incenso viene benedetto con un segno di croce in silenzio (“nihil dicens”), perché è destinato a bruciare in onore di Dio, come segno di adorazione e delle nostre preghiere, che salgono gradite a Dio (cfr Salmo 140 e Ap 8,3). Nella Messa tridentina il sacerdote, incensando le offerte e l’altare, diceva alcuni versetti del Salmo 140: “Dirigatur Domine oratio méa Sicut incensum in conspectu tuo …” . Il Messale di Paolo VI prevede che si incensi in silenzio: il gesto-purché bello e solenne- è già eloquente. A me, prete del secolo passato, ordinato con il vecchio rito, piace ancora accompagnare l’incensazione recitando sottovoce l’antica preghiera. Spero che qualcuno dei miei “scrupolosi” interlocutori non mi accusi di essere un “lefevriano”!.
- Gli Ebrei usavano nel tempio ben 16 profumi. Il Caer. Ep. (n.85) prevede che si possa aggiungere (non sostituire) all’incenso altro profumo, purché l’incenso prevalga di molto in quantità. Non è scritto, ma sembra normale che chi porta la navicella accompagni il turiferario all’ambone per la proclamazione del Vangelo.