Web liturgia, don Antonio risponde…

Di seguito le risposte che don Antonio Sorrentino ha effettuato alle domande di: Alberto, Guido Santoro, Don Nello,  Fabio, Nicola Sessa, Matteo,  Giacomo, Enzo, Giorgio e Sara.

Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA.


I "padrini" per la Cresima e il Battesimo
Alberto scrive:
Caro don Antonio,
potreste spiegare l’importanza dei padrini per il Battesimo e per la Cresima?
Don Antonio risponde:
I Sacramenti non sono da vedere in modo statico, come punti di arrivo, ma in modo dinamico.  Essi sono dono e impegno di vita nuova, cammino di fedeltà, da fare insieme con i fratelli di fede, per trasformare le proprie esistenze e la storia umana secondo il progetto di Dio.  In questo cammino i nuovi cristiani devono essere accompagnati dalla comunità e in primis dalla famiglia.  Però fin dagli inizi, in un ambiente pagano -come talvolta accade oggi- non sempre la famiglia favoriva questa educazione cristiana.  Pertanto, la Chiesa, accanto a chi chiedeva i sacramenti della iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima, Eucarestia) si peoccupò di porre qualche cristiano più maturo nella fede e di esemplare vita cristiana, che garantisse della serietà delle intenzioni e della preparazione del catecumeno.  Il diritto canonico (can. 876) e il catechismo della chiesa cattolica (n.1311) esigono che il padrino "cooperi affinché il battezzato/cresimato conduca una vita cristiana conforme al sacramento ricevuto e adempi fedelmente gli obblighi a esso inerenti".

Evidentemente, per fare ciò, il padrino non deve essere una figura occasionale e decorativa (tipo compare che presto scompare), né va scelta con criteri semplicemente umani  di amicizia o di interesse, ma sia una persona di fede e di pratica cristiana, in modo da poter guidare il figlioccio nel suo cammino di fede con il consiglio e  soprattutto con l’esempio.


Il "lavabo" dopo la comunione e la processione con la Croce

Guido Santoro scrive:
Salve,avrei due brevi quesiti da porre al caro don Antonio SORRENTINO:
1°) durante le celebrazioni presiedute da un vescovo ho constatato che le cosiddette operazioni del “lavabo” si eseguono due volte: la prima sovrapponibile a quelle eseguite anche durante le celebrazioni presiedute da un presbitero e l’altra (presente il Vescovo) al termine della distribuzione dell’Eucaristia. In proposito desidererei conoscere se tale pratica dei due lavabi è prevista anche in altri tipi di celebrazioni (ad esempio dove non è presente un vescovo) e i motivi storico-liturgici che hanno portato a questa diversità (due volte anzicchè una);
2°) durante la processione interna ad una chiesa, mi riferisco alla processione che precede una celebrazione, la presenza della croce nella sua consueta posizione avanzata rispetto alla processione stessa, è sempre prevista? Tale quesito scaturisce dal fatto che in alcune circostanze ho potuto notare che la decisione di portare o meno la croce in processione è stata cambiata al momento, forse per il subentro di alcune circostanze che al momento sono a me ignote.
In attesa del puntuale riscontro, porgo distinti saluti a tutta l’equipe di questo servizio.

Don Antonio risponde:
Il Messale Romano (n.164) non prevede che il sacerdote presidente della celebrazione eucaristica si lavi le mani dopo aver distribuito la Comunione e purificato i vasi sacri.  E’ possibile invece questa abluzione (se necesaria, "siopus fuerit, manus abluit") quando presiede il Vescovo. Queste imitazioni o traslazioni della Messa presieduta dal Vescovo o quella presieduta da un prete forse sanno di "forzatura" oppure -più semplicemente- vorrebbero aggiungere una certa sontuosità al rito.  Ma avverte Benedetto XVI: "La semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni comunicano e coinvolgono di più che l’artificiosità di aggiunte inopportune" ( Sacramentum caritatis, n. 38).  I vescovi italiani insistono : "La liturgia sia insieme seria, semplice e bella" (CEI, il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 8).

La croce nella processione d’ingresso

Se alla Messa festiva si fa la solenne processioni d’ingresso, esso va regolata così: turiferario con il turibolo fumigante, accoliti (o ministranti) con i candelieri, crucifero, ministranti, diacono, ( o accolito) con l’Evangelario, presidente. 


La Messa di Prima Comunione

Don Nello scrive:
Vorrei porre all’attenzione di don Antonio e sapere un suo giudizio su una abitudine che in questi anni sta prendendo piede anche nelle nostre parrocchie: celebrare la Messa di prima comunione dei bambini in giorni di festa civile e non la domenica.
Astenendomi da ogni commento sulla importanza della pasqua settimanale, vorrei ricordare che il rischio grosso è di sottoporre anche i sacramenti a logiche lontane o addirittura opposte alla fede. Molte volte accontentare certe richieste potrebbe da subito guadagnare il plauso del richiedente, a lunga distanza potrebbe rivelarsi un danno serio. Grazie.

Don Antonio risponde:
La prima partecipazione all’Eucarestia è il momento clou dell’iniziazione cristiana, la quale comprende tre riti sacramentali di accoglienza nella comunità: il lavacro battesimale, l’unzione crismale e il banchetto eucaristico.  Scrive benedetto XVI: "la SS.ma Eucarestia porta a pienezza l’iniziazione cristiana e si pone come centro e fine di tutta la vita sacramentale" (sacramentum caritatis, n.17).  Si tratta di gesti che rendono partecipi del mistero pasquale, il quale viene celebrato soprattutto la domenica, da sempre considerata "pasqua settimanale".  Quando dei fanciulli fanno la Prima Comunione Eucaristica, essi possono finalmente partecipare con la comunità al banchetto dell’Agnello, sacrificio Pasquale, mensa dei figli di Dio, i quali si riuniscono soprattutto la domenica, che è il giorno della risurrezione e dell’assemblea (cfr. G. Paolo II,Dies Domini).  Pertanto, celebrare la Prima Comunione eucaristica fuori della domenica è una grave incongruenza, perché si estrapola dal suo contesto originario e proprio.  Inoltre, si rischia di favorire una deriva consumistica e festaiola, in cui i riferimenti tipicamente cristiani passano in secondo piano.  D’altra parte, la Chiesa ha parlato chiaramente a riguardo nella Istituzione "Redemptoris Sacramentum" della Congregazione per il culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, n. 87: "Per la Prima Comunione Eucaristica si scelgano le domeniche pasquali o la solennità del Corpus Domini o le domeniche per annum, in quanto la domenica è considerata giustamente il giorno dell’Eucarestia" (cfr. anche G.Paolo II, Dies Domini nn 31-34).  Come anche "è poco appropriato celebrare la Messa di Prima Comunione il giovedì Santo", perchè nell’Eucarestia offriamo e riceviamo il corpo vivo di Gesù Risorto".  Infine è detto esplicitamente in Redemptoris Sacramentum (nn 78-85): "La messa non venga congiunta con eventi politici o mondani", anche se rilevanti, come può essere il 1° maggio o il 25 aprile. 

L’eterno riposo all’inizio della Messa funebre

Fabio scrive:
Caro don Antonio,
oggi ho partecipato ad un funerale e mi ha colpito, in quanto per me inusuale, il fatto  che il celebrante dopo il saluto iniziale, ha recitato l’Eterno riposo, è un fatto estemporaneo o la liturgia lo prevede.
grazie per la cortese risposta

Don Antonio risponde:
Fino al Concilio, tutte le Messe per i defunti iniziavano sempre con l’antifona d’ingresso "Requiem aeternum" (l’eterno riposo…), che era una vera e propria sigla distintiva delle Messe funebri.  Sia Verdi sia Perosi hanno composto stupende Messe funebri polifoniche: ma questi due artisti hanno rispettato l’inizio gregoriano delle loro composizioni.  I formulari attuali delle numerose Messe per i defunti hanno conservato questa antifona, introducendo però anche altri testi d’ispirazione biblica, che richiamano il mistero pasquale e/o la fede nella vita oltre la morte.  Pertanto è normale che una Messa funebre possa cominciare con la tradizionale antifona "L’eterno riposo", che è una preghiera di intercessione che invoca la luce e la pace eterna per i nostri morti. 

A chi compete la lettura della pregiera dei fedeli

Nicola Sessa scrive:
Caro don Antonio,
per favore mi spiegate a chi compete la lettura della preghiera dei fedeli?
Al diacono, al sacerdote, al lettore istituito, al popolo, e da dove deve essere  proclamata?
Quante ne possono essere lette? grazie
Nicola Sessa

Don Antonio risponde:
Al presidente spetta introdurre e chiudere questa preghiera detta "comune" o "universale" o "dei fedeli".  Le varie intenzioni possono essere proposte dal diacono o dal lettore oppure da un altro membro dell’assemblea (cfr. Ordinamento generale del Messale Romano, nn. 94-99)

Il Credo

Matteo scrive:
Perchè durante la celebrazione delle ceneri si omette il credo?
grazie

Don Antonio risponde:
Il Credo ( o professione di fede) entrò nella liturgia romana poco dopo l’anno mille.  Si recita solo nelle Messe domenicali, nelle solennità e nel nuovo rito del matrimonio.

L’alleluia

Giacomo scrive:
Caro don Antonio perchè cambia in quaresima anche l’introduzione al Vangelo da
alleluia a Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
grazie

Don Antonio risponde:
L’alleluia è tipicamente canto pasquale, "l’inno nazionale dei redenti" (Eisonhofer).  Esso esplode, solenne e gioioso, la notte di Pasqua come ritornello gregoriano del salmo responsoriale in tre modi progressivi (da recuperare e rivalorizzare quale canto specifico della veneranda tradizione latina).  Quaresima, invece, ha una caratterizzazione penitenziale, di austerità anche nei segni liturgici (altare senza fiori, colore viola, omissione del Gloria e dell’Alleluia, suono dell’organo solo per accompagnare i canti) in modo da evidenziare l’esultanza della Pasqua con il ritorno di tutti questi segni.  Perciò al Vangelo, nel tempo di Quaresima, l’alleluia è sostituito da altre formule di acclamazione.

La Via Crucis

Enzo scrive:
Caro don Antonio
durante la via crucis, la croce con la stola viola può essere appoggiato all’altare prima e/o dopo le varie stazioni? Quante le stazioni da fare 14 o 15? Durante la recita dello “stabat Mater” il ritornello Santa Madre, deh voi fate… puo essere cantato dopo ognuna delle 15 strofe? Questa preghiera in particolare va fatta il venerdì santo?
grazie per la sua sincera disponibilità.

Don Antonio risponde:
Durante il pio esercizio della via crucis è consuetudine portare una croce nuda di stazione in stazione (come vediamo al Colosseo la sera del Venerdì santo).
Talvolta dai bracci della croce si fa pendere una fascia bianca, a ricordare il lenzuolo che fu adoperato per calare dolcemente dalla croce il corpo esanime di Gesù. Ma è improprio appendervi una stola, che è il segno distintivo dei ministri ordinati e non va declassata a semplice ornamento della croce.
Non sembra opportuno appoggiare la croce all’altare, che ha una sua particolare dignità e non può servire da sostegno per un pio esercizio.
Le stazioni possono essere le tradizionali XIV (cui si può aggiungere la XV dedicata alla risurrezione) oppure altre (come è avvenuto con Giovanni Paolo II al Colosseo), perchè la via crucis prevede meditazione e preghiera su alcuni momenti della passione di Gesù, tanto che alcuni (assommando in una le tre cadute) inseriscono l’agonia nell’orto e la flagellazione e coronazione di spine. Tuttavia la via Crucis è soprattutto la via del Calvario.
La via Crucis si fa preferibilmente il venerdì (soprattutto di Quaresima). Ma Giovanni Paolo II la faceva tutti i pomeriggi, anche in viaggio.
Il ritornello "santa Madre…" può essere recitato o cantato a ogni stazione dopo le strofette dello Stabat Mater.

Processione offertoriale

Marianna scrive:
6 marzo 2009 alle 16:55

Caro Don Antonio,le vorrei chiedere visto che le processioni offertoriali, sono diventate sfilate folcloristiche,sarebbe piu’ opportuno una processione all’inzio della celebrazione eucaristica ?
Es.: prima comunione,matrimoni ed altro…Grazie per la sua disponibilita’ la saluto affettuosamente.

Don Antonio risponde:
E’ una delle tre processioni della Messa: all’ingresso, alla presentazione dei doni e alla Comunione.  Se è processione "offertoriale", va fatta nel momento suo proprio, cioè per portare all’altare i doni per la celebrazione o per opere di carità.  Non và anticipata all’inizio della Messa.  Curiamo sempre una celebrazione "ordinata" e non "disordinata" con spostamenti arbitrari del rito. 

Matrimonio

SERENA scrive:
21 febbraio 2009 alle 22:31

Caro don Antonio
mi devo sposare tra poco e volevo sapere se dopo il saluto iniziale del celebrante può essere fatta una preghiera: la cosidetta preghiera iniziale,
grazie e saluti

Don Antonio risponde:
Nella celebrazione ogni cosa va fatta o detta a tempo e luogo propri senza sovrapposizioni e/o anticipazioni.  Alla Messa degli sposi, dopo il saluto del celebrante, gli sposi potrebbero dire poche parole per esprimere il motivo della loro scelta di sposarsi in Chiesa con il sacramento del Matrimonio.  Eventuali intenzioni di p0reghiera vanno recitate -anche dagli sposi- al momento proprio, cioè inserendole nella preghiera dei fedeli.

I colori liturgici

Giacomo scrive:
26 febbraio 2009 alle 18:04

Don Antonio,
potreste spiegare i vari colori liturgici e i loro tempi?
grazie

Don Antonio risponde: 
I colori liturgici nel rito latino sono sette.  "La differenza dei colori delle vesti sacre ( e non delle tovaglie dell’altare, che devono essere sempre di colore bianco!) ha lo scopo di esprimere, anche con mezzi esterni, la catteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati e il senso della vita cristiana in cammino lungo il corso dell’anno liturgico" (OGMR, n345).
Il bianco, colore della gioia e della festa, è prescritto per il tempo di Natale, Pasqua, per le feste e le memorie di Gesù, della Beata Vergine Maria, degli Angeli e dei Santi non martiri.
 
Il rosso, segno del sangue, per le feste della Croce (Domenica delle Palme, Venerdì Santo, 14 settembre) e nelle celebrazioni dei martiri.  Si usa anche a Pentecoste e nelle celebrazioni dello Spirito Santo, a ricordare il fuoco che discese sugli Apostoli nel cenacolo.
 
Il verde, segno di speranza, caratterizza il tempo ordinario, che collega i due cicli liturgici forti incentrati sul Natale (il mistero dell’Incarnazione) e sulla Pasqua (il mistero della morte-risurrezione). 
 
Il viola, è colore austero e viene usato nei tempi di Quaresima e di Avvento.  Alcuni preferirebbero, prima di Natale, un colore meno austero, tipo morello come nel rito "ambrosiano".  Il viola si usa anche nelle Messe per i defunti. 
 
Il nero, si usa, dov’è tradizione, nelle Messe per i defunti. 

Il rosaceo, si usa nella IV domenica di "Quaresima" e nella III di "Avvento", quasi a spezzare l’austerità di questi due tempi liturgici e ad anticipare la gioia della solennità cui ci si prepara.
 
Il colore oro, si può usare in sostituzione dei colori bianco-rosso-verde (cfr OGMR, nn 345-347)

La Santa Comunione a divorziati risposati civilmente o a conviventi

Giorgio e Sara scrive:
Caro sacerdote,
siamo una coppia convivente che ha alle spalle un divorzio per entrambi.
E’ inutile dire che la parte più brutta per la messa è il momento fatidico della comunione.  Perchè non possiamo perchè non sperare che domani possa cambiare qualcosa in questa legge fatta dagli uomini? grazie
Non ci risponda come qualche altro sacerdote, che basta cambiare chiesa.
grazie

E’ davvero una sofferenza non poter ricevere l’Eucarestia.  Però occorre richiamare due principi fondamentali:

1- Per noi cattolici, l’unica unione stabile e legittima tra un uomo e una donna è quella fondata sul sacramento del Matrimonio, uno e indissolubile, che è consentito tra due persone libere da altri vincoli.

2- L’Eucarestia è il sacramento dell’amore fedele e irreversibile di Dio in Cristo per la sua Chiesa.  Essa non può essere ricevuta da coloro che si trovano in una situazione effettiva di rottura del vincolo sacramentale dell’amore sponsale.  Tuttavia essi non sono esclusi dalla comunità, perchè ne rimangono sempre membri in quanto battezzati.  Benedetto XVI invita a un’attenzione particolare di comprensione e di carità per queste situazioni dolorose, perchè "Si tratta di un problema pastorale spinoso e complesso, una vera piaga dell’odierno contesto sociale che intacca in misura crescente gli stessi ambienti cattolici. I Pastori, per amore della verità, sono obbligati a discernere bene le diverse situazioni, per aiutare spiritualmente nei modi adeguati i fedeli coinvolti.(92) Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell’Eucaristia. I divorziati risposati, tuttavia, nonostante la loro situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione alla santa Messa, pur senza ricevere la Comunione, l’ascolto della Parola di Dio, l’Adorazione eucaristica, la preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente con un sacerdote o un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza, l’impegno educativo verso i figli (sacramentum caritatis, n 29)

I vescovi italiani, rispettando le esigenze sia della verità sia della carità, hanno trattato questo argomento in una loro Nota, intitolata "La pastorale delle situazioni matrimoniali non regolari".  Giovanni Paolo II ne ha scritto in Familiaris Consortio.