Web Liturgia: "l’uso del catafalco" e "Tabernacolo"
|Don Antonio Sorrentino risponde oggi ai quesiti di don Vincenzo e Toni Napoli.
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Don Vincenzo, parroco San Giovanni Battista Roccarainola chiede:
Caro don Antonio, Volevo sapere dove trovare la norma liturgica che vieta l’uso del catafalco per la celebrazione esequiale. Purtroppo nella parrocchia dove sono parroco da piu di un anno, si usa ancora il catafalco, ma io ho intenzione di toglierlo, ma mi serve la norma liturgica e il riferimento a qualche documento.
Nella certezza e speranza di una Vostra risposta in merito, la saluto e la ringrazio per la sua disponibilità.
Don Antonio Sorrentino risponde
Il Rito delle esequie non specifica se porre la bara su un catafalco o semplicemente su un tappeto. Nei tempi passati, la bara veniva “esposta” su un alto catafalco al centro della chiesa, circondato da lumi e/o ceri. Si usava deporre la bara su un tappeto a terra quasi come un privilegio per i nobili (“more nobilium”). La sobrietà e semplicità di segni, invocate dal Concilio (SC, n. 34) e dalla riforma liturgica, ebbe un magnifico esempio a livello mondiale alle esequie di Paolo VI (agosto 1978), la cui bara di nudo legno, coperta dall’evangeliario e illuminata dal solo cero pasquale, fu deposta su un semplice tappeto sul sagrato della basilica di S. Pietro. Così avvenne anche per le esequie di Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. E in molte chiese lodevolmente si fa così. Tuttavia non è proibito deporre la bara su un catafalco, ma che almeno sia basso (in modo da non occultare l’altare, che deve essere visibile da tutti) e non sia illuminato da candele elettriche, che potrebbero surclassare la luce del cero pasquale.
Toni Napoli chiede:
Carissimo don Antonio, in una sua risposta del 15 gennaio 2009 ci ha insegnato:
Se nel presbiterio c’è il tabernacolo e vi si passa davanti, si fa solo l’inchino profondo (cioè con il corpo). L’OGMR, al nr 274, modificando quanto disposto al nr 233 del precedente IGMR, prescrive che se nel presbiterio c’è il SS. mo , Gli si fa genuflessione solo nel principio alla fine della celebrazione, perchè “l’attenzione sia rivolta all’altare, che è il punto focale della celebrazione eucaristica in atto,” (F. Pio Tamburrino).
Poichè il n.274 continua affermando che: Inoltre genuflettono tutti coloro che passano davanti al Ss.mo Sacramento, se non procedono in processione,
le chiedo: passando davanti al tabernacolo non bisognerebbe invece genuflettersi anzichè fare solo l’inchino?
E‘ possibile che il n. 274 inviti a non genuflettere coloro che non sono in presbiterio dato che afferma: …e gli altri ministri genuflettono quando giungono all’altare o quando si allontanano…?
Don Antonio Sorrentino risponde
La posizione del tabernacolo nell’area presbiterale, comune nelle nostre chiese a navata unica, andò diffondendosi dal Cinquecento in poi e ha segnato profondamente la spiritualità dei cattolici, anche in risposta ai protestanti, i quali non solo negano la componente sacrificale della Messa, ma anche la permanenza della presenza di Gesù dopo la celebrazione, perché essi negano la transustanziazione; inoltre, secondo loro, la presenza di Gesù, reale (per Lutero), simbolica (per Zwinglio), virtuale (per Calvino) è solo temporanea e limitata alla celebrazione e alla Comunione.
Con la riforma liturgica, che ha rivalutato l’altare quale centro della chiesa e della celebrazione in atto (OGMR n. 299), la posizione del tabernacolo nell’area presbiterale è anomala e crea qualche problema dal punto di vista rituale. Del resto, anche prima del Concilio, nelle chiese cattedrali l’Eucaristia era sempre conservata per l’adorazione in un tabernacolo inserito in un altare diverso dal maggiore, a causa dell’Ufficio corale (cfr. voce Tabernacolo in Dizionario di liturgia romana, di R. Lésage). Oggi, se il tabernacolo è nel presbiterio, non lo si può certo ignorare. Perciò è mancanza di rispetto poggiarvi sopra confezioni floreali ed è esplicitamente vietato collocarvi davanti la sede presidenziale (Sacramentum caritatis, n. 69).
Come comportarsi passandovi davanti? L’OGMR al n. 274 prevede che sacerdoti e ministri facciano la genuflessione solo all’inizio e alla fine della Messa, concentrando poi tutta l’attenzione sull’altare. Il terzo capoverso di detto numero dice: “Inoltre genuflettono tutti coloro che passano davanti al SS.mo, se non procedono in processione”.
Ci si domanda: chi riguarda questo capoverso?
Sembra chiaro che riguardi innanzitutto coloro che entrano in chiesa e devono adorare il Signore con la genuflessione e non semplicemente con un inchino, che è gesto di venerazione e si fa ai segni di Cristo (presidente, altare, crocifisso, assemblea – SC, n. 7). Pertanto, evidentemente nella risposta del 15 gennaio 2009, c’è stato un errore di dettatura o di scrittura e oggi rettifico, perché l’inchino è gesto di venerazione e si fa ai segni di Cristo (presidente, altare, crocifisso, assemblea oppure davanti a immagini sacre), invece la genuflessione è segno di adorazione e si fa solo al SS.mo Saramento e alla croce il venerdì santo.
Penso però che questo capoverso riguardi anche coloro che, dovendosi dalla navata portarsi in presbiterio, passano davanti al tabernacolo: essi salutano Gesù con la genuflessione. Se però si va in processione (come all’ingresso o alla presentazione dei doni o alla Comunione) e si passa davanti al tabernacolo, non si genuflette né si fa inchino, per non interrompere questo gesto rituale.