Vangelo della famiglia… spunti per parlarne in due…
|“Io sono il buon pastore. E il buon pastore offre la vita per le sue pecore”
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La festività odierna, uguale in tutti e tre cicli del calendario liturgico, è la domenica, così detta, del Buon Pastore. Il buon Pastore di cui parla l’Evangelo odierno è la persona di Gesù nel suo rapporto con noi: “Io sono il buon pastore. E il buon pastore offre la vita per le sue pecore”. Per meglio comprendere e penetrare il senso di questa immagine è bene tener presente il brano del profeta Ezechiele ( Ez 34, 3-4) in cui Dio si lamenta dei cattivi pastori che sono alla guida del suo popolo Israele, i cui rapporti col gregge sono delineati dai seguenti verbi: nutrire, vestire, ammazzare, pascolare. Questi verbi sono usati tutti in senso negativo nei confronti dei pastori d’Israele e suscitano l’indignazione di Dio che, sempre tramite il profeta Ezechiele, promette al suo popolo di occuparsi personalmente del suo gregge. Il tempo tanto atteso è giunto. Gesù è venuto, inviato dal Padre, per prendersi cura del gregge che gli è affidato e che nessuno rapirà dalla sua mano a costo della propria vita.
I rapporti che Gesù ha con il gregge sono definiti da tre verbi.
Da parte del Pastore: ” conosco”.
Da parte delle pecore: ” ascoltano” e ” seguono”.
Dunque, il Pastore è colui che conosce, ad una ad una, le sue pecore, pertanto ciascuno di noi, ai suoi occhi è unico, non una minuscola parte di un tutto. C’è molta differenza tra il Pastore e noi che troppo spesso non conosciamo, a fondo i nostri cari, non riusciamo a stabilire un rapporto profondo di comunione perché troppo impegnati dal quotidiano. Ecco perché tanti matrimoni vanno a rotoli. La mancanza di comunione, penso sia la più importante fra le cause che fanno fallire i matrimoni.
“Ascoltare” è qualcosa di più che udire perché implica un processo di interiorizzazione, “non entra da un orecchio ed esce dall’altro” ma si ferma al cuore e li lievita. Ascoltare è un fatto affettivo non un processo intellettuale che si ferma al cervello e lì rimane. Quanti discorsi siamo costretti ad udire e quanti di questi ci toccano veramente specialmente quelli partitici che sentiamo nei programmi televisivi o leggiamo nei giornali così detti indipendenti.
L’immagine del Pastore è, nell’odierna liturgia associata a quella dell’Agnello del libro dell’Apocalisse (L’Agnello sarà il loro Pastore) e ciò significa che non è isolato dal gregge ma che condivide gli stessi rischi e pericoli.
REVISIONE DI VITA
Ci riteniamo pastori l’uno dell’altro e dei nostri figli oppure dei mercenari che lavorano per un salario anche se generoso?
Siamo vigilanti e attenti al gregge perché non si disperda o venga attaccato dai predatori?
Ci sentiamo anche noi parte del gregge e non fuori o al di sopra del gregge?