Vangelo della famiglia. Battesimo del Signore.

Battesimo del Signore
Vangelo: Is 40,1-5:9-11; Sal 103 (104); Tt 2,11-14; 3,4-7; Lc 3,15-16; 21-22   Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Lc 3,15-16.21-22)

l_pdellafrancesca_battesimo_di_cristoNon pare certo una forzatura esegetica sostenere che esiste una continuità logica tra l’epifania del Cristo, solennemente celebrata il 6 gennaio scorso e il suo battesimo, sul quale oggi la Chiesa ci invita a riflettere. Mi sembra molto interessante il collegamento, chiaramente leggibile nell’Evangelo di Luca, tra il battesimo di Gesù e la sua esperienza vocazionale, un progetto divino al quale il Maestro si è offerto con la sua consapevole adesione. E dunque per noi che ci riconosciamo nel suo nome e nella fede in Lui, la riflessione non può che prendere l’avvio dalla consapevolezza dell’attualità del nostro battesimo, non tanto per mettere staticamente in evidenza la nostra appartenenza ad un popolo di salvati, quanto piuttosto per riscoprire quella forza dinamica e dirompente che chiama ognuno di noi, personalmente, ad essere Epifania di Dio lungo la storia.

Questo passaggio da una concezione statica di Chiesa ad una dinamica è uno dei doni più belli che ci ha fatto il Concilio Vaticano II, al quale non saremo mai sufficientemente grati.

Che ognuno di noi abbia il compito di ripensare seriamente al proprio battesimo come ad una chiamata personale, risulta evidente dalla semplice constatazione che, nei paesi cosiddetti cattolici, sono il più delle volte i genitori che scelgono per noi ciò che precedentemente altri avevamo scelto per loro. Non si tratta di una scelta nostra, operata responsabilmente in età adulta, e dunque di qui la necessità Dio confermare con la nostra vita questa scelta. Occorre dunque rivivere il nostro battesimo come mistero di salvezza inserito nella Ekklesia.

Un’ecclesiologia fondata sui numeri, dominata da una preoccupazione quantitativa, nel pregiudizio assai diffuso che Regno di Dio e potenza (anche, ma non solo) numerica della cristianità siano direttamente correlati, non è certo collocabile in un orizzonte pasquale: ben venga dunque per ogni battezzato l’esigenza salutare di ripercorrere a ritroso la tappa saltata del catecumenato, attraverso l’approfondimento della parola, nella fraternità e nell’amicizia della sua comunità, si chiami essa famiglia, gruppo, parrocchia.

In questo cammino catecumenale, al quale tutti siamo chiamati, l’unità visibile nel Cristo che il battesimo conferisce dovrà essere tradotta in conseguenze pratiche di fraternità, di condivisione, di comunione. Ma unità non potrà mai significare uniformità, perché in tal modo verrebbero soffocati quei carismi che lo Spirito effonde gratuitamente e misteriosamente ad ogni persona di buona volontà, ma contemporaneamente occorre riconoscere e denunciare il peccato della divisione nella Chiesa e tra le Chiese. Questo potrà avvenire solo quando apriremo la nostra immaginazione a forme concrete di carità e soprattutto di misericordia non a parole (queste non costano nulla) che, ad di là delle ideologie, uniscano tutti i credenti in Cristo in una prassi di rinnovamento e di cambiamento delle strutture ecclesiali e sociali.

In tale senso, il nostro battesimo è un punto di partenza, non di arrivo; non segna un’appartenenza, ma un esodo; dovrà essere continuamente rivissuto alla luce della Parola che è Cristo stesso, e riparametrato sull’Evangelo che, come afferma il grande teologo Leonardo Boff, “non si riassume in un contenuto. È anche uno stile che mostra la gioia della buona novella, il sollievo di una grande liberazione”.

Traccia per la revisione di vita

1) Che cosa significa per me, per la mia coppia e la mia famiglia riscoprire il nostro battesimo. Si tratta della riscoperta di un rito, oppure è un punto di partenza per una consapevolezza nuova del nostre essere “Chiesa”?
2) Quali modelli poratici Dio condivisione, di misericordia, di comunione ci ispira il nostro battesimo?
3) Cerco di fare amicizia con quelle coppie e con quelle famiglia che fanno più fatica, che spesso vengono emarginate, non per “convertirle”, ma per condividere con loro un tratta di strada?

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