Sciopero dei giornalisti contro il ddl sulle intercettazioni
|INTERCETTAZIONI I punti “caldi” del ddl
I REATI
Il testo approvato a palazzo Madama, e ora all’esame della Camera, consente le intercettazioni per tutti i delitti più gravi, quali mafia, terrorismo, sequestro di persona, e in generale per i reati che prevedono una reclusione superiore ai cinque anni. Nell’ultimo passaggio in Senato la lista si è allungata, includendo tra gli intercettabili i molestatori e i colpevoli di stalking. Si potranno catturare conversazioni e immagini, e reperire tabulati telefonici, anche quando si indaga su corruzione, danno alla pubblica amministrazione e reati finanziari quali l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato. Inoltre, potranno essere “spiati” gli spacciatori e chi alimenta il mercato e il consumo dei materiali pedopornografici. L’uso è lecito, infine, per i delitti concernenti armi ed esplosivi.
LIMITI DI TEMPO
Non più di 75 giorni, prorogabili
È il punto più contestato dai magistrati. Allo stato attuale è possibile effettuare intercettazioni lungo l’intero arco delle indagini preliminari. Il testo in discussione prevede invece, laddove ci siano “gravi indizi di reato”, un massimo di 75 giorni. Il pm può procedere per un primo blocco di 30 giorni, e poi ottenere tre proroghe di 15 giorni ciascuna. Raggiunto tale limite, è possibile disporre altre intercettazioni che non superino però i tre giorni. Per i delitti di mafia, è possibile sforare il limite ricorrendo a proroghe di venti giorni.
AMBIENTALI
Vietate nei luoghi privati
Cimici, microfoni e microspie, ad oggi, possono essere piazzate ovunque, anche in case e automobili. Per tutelare la privacy – specie di chi non è indagato -, con il nuovo testo non sarebbe più possibile, e le “ambientali” diventerebbero ammissibili solo in luoghi pubblici, tipo bar, negozi e uffici in cui si presuppone si stia compiendo il reato. Si potrebbe sfuggire a questa regola solo in casi straordinari e motivati: in tal caso le cimici sarebbero ammesse anche in luoghi non pubblici, ma comunque per non più di tre giorni prorogabili.
LE SANZIONI
Sostituiti i pm «chiacchieroni»
Rischia grosso il magistrato che rilascia dichiarazioni o rivela alla stampa informazioni coperte dal segreto istruttorio: con il nuovo testo potrebbe essere sostituito dal capo del suo ufficio e allontanato dall’indagine. Non solo: il pm può incorrere nell’azione disciplinare, e vedersi addebitata la sospensione cautelare dal servizio o dall’esercizio della professione per un massimo di tre mesi. Una misura che, insieme a quella sulle “talpe”, dovrebbe fungere da deterrente contro le fughe di notizie. Allo stato attuale, invece, non sono previste punizioni per i magistrati “chiacchieroni”.
INFORMATORI
Per le «talpe» carcere fino a 6 anni
Tempi duri anche per cancellieri e informatori occulti dei tribunali. Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti o documentazioni del procedimento potrebbe essere punito con la detenzione fino a 6 anni. Il Senato ha ritenuto di aumentare di un anno la pena massima approvata da Montecitorio. L’inasprimento rispetto alla situazione attuale è evidente, visto che le “talpe”, oggi, rischiano un anno di carcere. Le pene sono più lievi per chi rivela un segreto non per dolo, ma solo per insipienza. Al contrario, sono più aspre per chi porta a pubblica conoscenza informazioni riguardanti i servizi.
GIORNALISTI
Arresto o sanzione pecuniaria
In teoria, anche con le norme vigenti sarebbe vietata la pubblicazione delle intercettazioni coperte da segreto istruttorio, e l’ammenda per il giornalista sarebbe di 281 euro. Il ddl Alfano andrebbe a punire gli abusi con l’arresto per un anno o una sanzione sino a 10mila euro. Degli altri atti d’indagine è ammessa la pubblicazione per riassunto. I contenuti delle richieste di misure cautelari non possono essere resi noti prima che ne siano a conoscenza le parti. Nessuna concessione infine su trascrizioni per le quali è stata ordinata la distruzione, in modo particolare quando riguardano persone non indagate ed estranee ai fatti. Le nuove norme si prestano a dubbi circa la possibile pubblicazioni di fotografie agli atti, che potrebbero essere di evidente interesse pubblico.
EDITORI
Multe fino a 450mila euro
Il ddl è ancora più severo per gli editori, forse il vero obiettivo del testo. Ed è questa un’altra misura aspramente contestata. Finora, i proprietari delle testate e delle televisioni erano solo sfiorati nel caso un giornalista pubblicasse o mandasse in video atti ancora sotto segreto. Ora, invece, si annunciano multe salatissime. L’ammenda è di 300mila euro (ovviamente per atti resi noti prima della chiusura delle indagini preliminari), ma salirebbe fino a 450mila quando le trascrizioni violassero la privacy di persone non indagate. Il timore delle categorie che protestano è che sanzioni così pesanti mettano un «bavaglio» ai cronisti, imprigionandoli nella paura di causare un danno economico alla loro testata.
PENDENZE
Applicabile ai processi in corso
Dopo l’eventuale approvazione alla Camera, il ddl si applicherebbe da subito anche alle indagini già in corso. Nel concreto, il limite di 75 giorni sarebbe valido anche per istruttorie già aperte. Stesso discorso per le proroghe. In ogni caso, resterebbero valide le intercettazioni già autorizzate ed eseguite prima dell’entrata in vigore della norma. Questo per non minare la validità e l’efficacia delle inchieste in corso. Le norme sulla pubblicazione degli atti, e le relative sanzioni previste per giornalisti, editori, magistrati e talpe, sarebbero valide da subito. Anche sull’applicazione transitoria ci sono tuttavia ancora margini di trattativa e di discussione.
FRASI RUBATE
Stop alle registrazioni fraudolente
È la cosiddetta “norma D’Addario”. La escort rese note registrazioni audio catturate di nascosto e all’insaputa del premier Berlusconi, durante una notte passata a palazzo Grazioli con lui. Più in generale, interviene a tutela della privacy di molti cittadini che vengono ripresi senza esserne informati. Con il nuovo testo le riprese fraudolente sono punite con il carcere da 6 mesi a 4 anni. Sono escluse però le registrazioni nascoste effettuate da giornalisti e pubblicisti nell’ambito della loro professione. Non incorrono nella pena i pubblici ufficiali che agiscono in difesa dello Stato e nelle attività di intelligence. Le frasi “rubate” possono essere utilizzate anche per risolvere controversie giudiziarie.
PROCESSI IN TV
Più complicate le riprese in aula
Oggi è sufficiente l’autorizzazione del giudice (o del presidente del collegio giudicante) per effettuare riprese e registrazioni all’interno delle aule di tribunale. Ora la procedura si complica, a tutela dell’imputato o per evitare al pubblico immagini poco digeribili. Se il ddl fosse approvato, occorrerà rivolgersi al presidente della Corte d’appello del distretto giudiziario in cui si celebra il processo: sarà lui a concedere l’autorizzazione o a negarla, a prescindere da quanto voluto dalle parti in causa. La norma non impatterà però sul diritto di cronaca di tg e giornali radio, nonché su quelle trasmissioni televisive specializzate nella trattazione di procedimenti giudiziari, e che dunque hanno bisogno di ampi stralci.
I COSTI
Un decreto con tariffe fisse
È uno degli argomenti più battuti dalla maggioranza. Le intercettazioni costano, gravano sul bilancio della giustizia e dunque sulle tasche del contribuente. Il ddl, al fine di contenere la spesa, per le operazioni di intercettazione, stabilisce che un successivo decreto dei ministri della Giustizia, dello Sviluppo economico e della Pubblica amministrazione dovrà stabilire le tariffe applicate dalle società concessionarie dei servizi di telefonia. Il decreto dovrebbe arrivare entro 120 giorni dall’approvazione del ddl. Il “tariffario” dovrebbe portare ad avere maggiore controllo preventivo sui costi delle apparecchiature telefoniche e dei software.
REGISTRI
Un “diario” in ogni procura
Con il ddl inizierebbe anche un regime di “tracciabilità” delle intercettazioni, con l’obiettivo dichiarato di evitare che siano ammassate e custodite in modo irrazionale, e che ci sia la certezza di chi ci mette mano. Sarebbe dunque istituito in ogni procura della Repubblica un registro riservato in cui sono annotati, in ordine cronologico, la data e l’ora di emissione e la data e l’ora di deposito dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni. Inoltre, per ciascuna intercettazione occorrerà segnare l’inizio e la fine delle operazioni. Inoltre, il ddl vincola a redigere verbale di ogni intercettazione, e individua i responsabili per la conservazione e la riservatezza del materiale.
La foto in alto è stata ripresa dal “Mattino on-line” del 9 luglio 2010