Pubblicate le modifiche alle "Norme sui delitti più gravi".
Le riflessioni di padre Lombardi e mons. Scicluna
La Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato oggi l’aggiornamento delle cosiddette “Norme sui delitti più gravi”, approvati da Benedetto XVI lo scorso 21 maggio e relative all’insieme dei provvedimenti che consentono al dicastero vaticano di intervenire nei casi di delitti commessi contro i Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza e nei casi di abuso sessuale perpetrati dal clero contro minori. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si tratta – ha affermato questa mattina il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, illustrando le Norme ai giornalisti – “di un grande contributo alla chiarezza e alla certezza del diritto in un campo in cui la Chiesa è fortemente impegnata oggi a procedere con rigore e con trasparenza”.
Le novità delle Norme nel servizio di Alessandro De Carolis.
Le nuove Norme hanno alle spalle nove anni di prassi, di correzioni dettate dall’esperienza, da quando cioè Giovanni Paolo II promulgò nel 2001 il Motu Proprio Sacramentorum sanctitatis tutela, corredandolo di una serie di Norme applicative e procedurali note come Normae de gravioribus delictis, “Norme sui delitti più gravi”. Questa legislazione, ha ricordato padre Lombardi in Sala Stampa, è andata arricchendosi negli anni, pur in modo non sistematico, grazie ad alcune “facoltà” concesse nel 2003 dal Papa alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che attribuivano al dicastero vaticano competenze via via più specifiche per trattare e giudicare nell’ambito dell’ordinamento canonico una serie di delitti particolarmente gravi, per i quali la competenza veniva in precedenza attribuita “anche ad altri dicasteri o non era del tutto chiara”. Il campo d’azione delle Norme riguardava e riguarda i Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza e i casi di abuso sessuale “commessi da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età”.
Considerata la “vasta risonanza pubblica” suscitata negli ultimi anni specie dai casi di abuso sessuale commessi dal clero, padre Lombardi ha messo in luce soprattutto i punti salienti della nuova legislazione che ad essi fanno riferimento. Le Norme, ha affermato, sono state integrate e aggiornate per sveltire e semplificare le procedure e “renderle più efficaci”, tenendo conto anche delle “nuove problematiche” insorte nel frattempo. Nel caso di una maggiore velocità delle procedure, le nuove Norme introducono, ha indicato padre Lombardi…
“…la possibilità di non seguire la ‘via processuale giudiziale’ ma di procedere ‘per decreto extragiudiziale’, o quella di presentare al Santo Padre in circostanze particolari i casi più gravi in vista della dimissione dallo stato clericale. Un’altra norma intesa a semplificare problemi precedenti e a tener conto dell’evoluzione della situazione nella Chiesa, riguarda la possibilità di avere come membri del personale dei tribunali, o come avvocati o procuratori, non solo più sacerdoti, ma anche laici”.
Né sarà più “strettamente necessaria”, ha soggiunto nel merito, la laurea in diritto canonico, ma basterà una competenza comprovata, ad esempio, da un titolo di licenza.
Nell’attuale revisione normativa, cambia pure il termine della prescrizione per questo tipo di delitti, che sale da dieci a venti anni e può ulteriormente essere derogato anche oltre tale limite. E “significativa”, ha rilevato padre Lombardi, è l’equiparazione ai minori che le Norme prevedono per le persone “con limitato uso di ragione” che restano vittime di abusi, nonché l’introduzione tra i delitti della pedopornografia, intesa come “l’acquisizione, la detenzione o la divulgazione” compiuta da un membro del clero “in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, di immagini pornografiche aventi ad oggetto minori di anni 14”.
Le Norme non trattano – e ciò, ha riconosciuto padre Lombardi, è invece “oggetto di discussione” di questi tempi – della collaborazione con le autorità civili. Questo perché, ha ricordato, il nuovo testo normativo fa parte dell’ordinamento penale canonico, che è “distinto da quello degli Stati”. Tuttavia, rispetto al passato in cui l’adempimento alle leggi civili avveniva durante o dopo il procedimento canonico, ora la prassi proposta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede richiede di ottemperare in via preliminare “alle disposizioni di legge vigenti nei diversi Paesi”.
Ricordando, infine, che le Norme ribadiscono il principio “della confidenzialità dei processi, a tutela della dignità di tutte le persone coinvolte”, padre Lombardi ha riferito che il dicastero vaticano…
“…sta attualmente studiando come aiutare gli Episcopati del mondo a formulare e sviluppare in modo coerente ed efficace le indicazioni e direttive necessarie ad affrontare la problematica degli abusi sessuali di minori da parte di membri del clero o nell’ambito di attività o istituzioni connesse alla Chiesa, con riguardo alla situazione e ai problemi della società in cui operano”.
Sarà questo, ha chiosato, “un altro passo cruciale nel cammino perché la Chiesa traduca in prassi permanente e in consapevolezza continua i frutti degli insegnamenti e delle riflessioni” maturati nel corso di questa “dolorosa” crisi.
Quindi, padre Lombardi ha passato in rassegna ciò che le Norme aggiornate stabiliscono riguardo a delitti “di altra natura”. In realtà, ha riconosciuto, le novità non riguardano tanto delle affermazioni di principio o di procedura, quanto piuttosto il fatto che le disposizioni già vigenti siano state inserite in una “normativa complessiva più ordinata e organica”. Nello specifico, ha precisato il direttore della Sala Stampa vaticana, sono stati inseriti i delitti contro la fede (cioè eresia, apostasia e scisma), “per i quali sono normalmente competenti gli ordinari”, ma dove ora “la Congregazione diventa competente in caso di appello”, come pure “la registrazione e divulgazione compiute maliziosamente delle confessioni sacramentali” (già oggetto di un decreto di condanna nel 1988), e infine “l’attentata ordinazione delle donne, sulla quale pure – ha concluso – esisteva già un decreto del 2007”.
Nelle domande poste successivamente dai giornalisti, sono stati approfonditi alcuni aspetti relativi alle nuove Norme. In particolare, il promotore di giustizia della Congregazione, mons. Charles Scicluna, presente al briefing con i media, ha spiegato che i 10 anni intercorsi tra la prima promulgazione delle norme e il loro attuale aggiornamento ha comunque visto, nella prassi, l’applicazione di quelle che erano state inizialmente concesse come “facoltà”, ma che ora sono state stabilizzate in un quadro normativo più organico:
“Questo è un segnale forte, perché le facoltà hanno una vita un po’ effimera: dipendono molto dalla volontà dei Sommi Pontefici. Invece, Papa Benedetto XVI – appena eletto nel 2005 – ha espresso il desiderio che le facoltà di cui godeva la Dottrina della Fede fossero stabilizzate nella normativa”.
Parlando dell’innalzamento della soglia di prescrizione da 10 a 20 anni, mons. Scicluna ha detto che ora la “facoltà di derogare diventa diritto” per la Congregazione per la Dottrina della Fede, mentre una cancellazione della prescrizione non è concepibile in quanto essa riguarda tutti i casi gravi, non solo quelli di abuso sessuale. E al giornalista che chiedeva come mai il caso di tentata ordinazione di una donna sia stato inserita in un complesso normativo che parla anche di abusi sessuali, il promotore di giustizia vaticano ha spiegato:
“La gravità dipende dal fatto che viene capovolto il pensiero della Chiesa e la fede della Chiesa nel Sacramento dell’Ordine. E’ una gravità di tipo diverso dalla gravità, che colpisce, dell’abuso sessuale di minori: non sono sullo stesso livello. Ma evidentemente si trovano in un documento che cerca di sistemare tutta la competenza sui delitti che sono riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede”.
Molto ha interessato i giornalisti della facoltà concessa ai vescovi di inserire laici competenti nei tribunali diocesani nei casi di processo canonico. Mons. Scicluna ne ha spiegato così il motivo:
“A livello diocesano, l’input dei laici è essenziale. L’input dei laici è essenziale quando il vescovo ha bisogno di un parere sulla valutazione di un caso, perché ha bisogno della competenza degli psicologi, dei sociologi, degli esperti di psicologia del bambino, dell’influsso che l’abuso ha sulla vittima… E qui, non possiamo trovare tutto questo tipo di competenza nel clero. Sappiamo di vescovi che si sono serviti della competenza di ex poliziotti per le loro indagini e questo perché volevano arrivare alla verità. E questo per noi è molto importante”.
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