Prestito della Speranza una mano oltre la crisi

Credito sociale e microcredito all’impresa sono gli strumenti attraverso cui si rilancia il Prestito della Speranza promosso dalla Conferenza episcopale italiana in collaborazione con l’Associazione bancaria italiana (Abi). Il nuovo programma sarà operativo da febbraio 2011 e vedrà l’ampliamento della sfera d’azione e della platea dei potenziali destinatari. «L’obiettivo della Chiesa italiana è quello di sostenere le famiglie in difficoltà a seguito dell’instabilità dei mercati internazionali e della conseguente crisi economica che ha colpito anche il nostro Paese» spiega il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Cei.

Un’azione di carità e di solidarietà che vede impegnata in prima linea la Caritas Italiana, le diocesi e le Caritas diocesane con il supporto di diversi istituti di credito a livello nazionale. «Quest’iniziativa è l’espressione di una volontà condivisa dell’episcopato italiano – aggiunge Crociata –. La scelta di concentrarsi sulla famiglia, inoltre, ha in sé un valore educativo in termini di formazione a un’economia responsabile».

Il Prestito della Speranza, dunque, allarga gli orizzonti e si arricchisce di novità: partendo dalla dotazione patrimoniale del Fondo di garanzia, gestito da Banca Prossima, che sarà incrementato fino ai trenta milioni previsti, per favorire l’accesso al credito delle famiglie. Prevede due diverse forme semplificate: ‘credito sociale’ (finanziamenti personali) diretto alla famiglia per un importo non superiore a 6mila euro, e quella di ‘microcredito all’impresa’ per un importo non superiore a 25mila euro.

Quest’ultima si rivolge alle persone fisiche, a società di persone e società cooperative al fine di dare un aiuto per l’avvio o lo sviluppo di iniziative imprenditoriali o di lavoro autonomo. Nel primo caso il tasso annuo effettivo globale ( Taeg) non potrà essere superiore al 4 per cento, mentre nel secondo non potrà superare il tasso effettivo globale medio ( Tegm) della categoria corrispondente stabilita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze decurtato del 30 per cento. Il ‘prestito’ è rivolto alle famiglie naturali fondate sul matrimonio sulla base di quanto prevede l’articolo 29 della Costituzione italiana. In questa fattispecie rientrano il matrimonio canonico, matrimonio concordatario o matrimonio civile, anche se celebrato da ministro di culto acattolico.

Inoltre, ai fini dell’ammissione alla garanzia del Fondo, possono fare richiesta anche coloro che hanno celebrato il matrimonio all’estero sempre in conformità all’articolo 29 della Costituzione. Possono infine fare richiesta le famiglie nelle quali i coniugi siano separati, cioè comparsi davanti al presidente del tribunale competente nelle procedure di separazione personale, e siano stati assunti i provvedimenti provvisori a condizione che il finanziamento sia richiesto dal coniuge cui siano affidati i figli o con il quale questi convivano stabilmente in caso di affidamento congiunto. Altra innovazione sarà quella di poter accogliere domande da parte di chi è in difficoltà economica o disoccupato anche per le più disparate motivazioni (crisi economica, disoccupazione, situazioni di precarietà). La documentazione da produrre per accedere al Prestito della Speranza sarà disponibile sul territorio grazie al coinvolgimento delle diocesi e delle Caritas locali che hanno l’impegno a evadere ogni singola pratica nel tempo limite di 15 giorni lavorativi. I soggetti interessati a presentare domanda di finanziamento potranno rivolgersi presso la Caritas della propria diocesi di appartenenza o a ogni altro ufficio che il vescovo diocesano indica. Tra le novità introdotte compaiono i tempi massimi di evasione della pratica: 15 giorni per l’ufficio diocesano, 5 per il gestore (Banca Prossima) e 10 per la banca a cui ci si è rivolti.  L’elenco delle banche aderenti sarà disponibile nel sito Internet www.abi.it mentre le informazioni utili sul Prestito della Speranza saranno reperibili nel sito www.chiesacattolica.it/ prestitodellasperanza.

Un massimo di 6mila euro per i nuclei familiari, fino a 25mila per le realtà imprenditoriali.

DI VINCENZO GRIENTI  “Avvenire” on-line

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