Perdersi a 40 anni…
|Non c’è solo la disoccupazione giovanile. Non c’è solo il dramma dei figli della Grande Crisi “a spasso”. Non ci sono solo i cassintegrati che escono in anticipo dal mercato del lavoro. Oggi, in Italia, esiste anche un’altra emergenza occupazionale – forse più “nascosta”, ma grave almeno quanto le altre – ed è quella che riguarda uomini e donne tra i 40 e i 55 anni. Potremmo chiamarli gli «altri Neet».
I «Not in education, employment or training» vengono considerati quei ragazzi che né studiano né lavorano. La definizione, però, si può riadattare bene alla categoria degli over 40: né più giovani per ricollocarsi né abbastanza vecchi per la pensione. Non ci sono dati ufficiali per contare con precisione i disoccupati di questa fascia d’età, ma le stime calcolano circa un milione e mezzo di cittadini. Vivono senza sussidi. A zero euro al mese. Si sentono dimenticati, inascoltati, inoperosi, inutili.
Per tutelare questi ex lavoratori maturi sono nate sul territorio molte associazioni. Le principali sono Atdal e Lavoro over 40. A queste si sono aggiunte negli ultimi anni una serie di realtà locali come Alp in Piemonte, la Over 40&50 Reset a Certosa di Pavia e due piccoli centri a Rimini e in provincia di Pesaro. Ora, quasi tutte queste organizzazioni di volontari hanno deciso di creare una federazione unica. «C’è stato un primo incontro a fine 2013 e in linea di massima siamo d’accordo – confermano i responsabili delle onlus –. Vogliamo partire già entro febbraio».
L’obiettivo è quello di far valere, con maggiore incisività, i diritti degli ultraquarantenni di fronte alle istituzioni. La politica, infatti, finora si è disinteressata del problema. «Si studiano incentivi per assumere gli under 35, oppure gli over 55. Chi si trova in mezzo, invece, viene ingiustamente discriminato», evidenzia Stefano Giusti, ex presidente e oggi consigliere di Atdal over 40.
Eppure si tratta di vite in bilico. Persone di una generazione a cui è stata troncata improvvisamente la carriera. Spesso, poi, c’è da considerare anche “l’indotto”. In molti casi, infatti, i disoccupati sono papà e mamme che si ritrovano a dover mantenere uno o più figli in età scolastica o (peggio ancora) a loro volta senza lavoro. Come nel caso di Domenico Tardi, 55 anni, che fino a marzo scorso era “quadro” in una sede romana di una multinazionale dell’automotive e poteva contare su uno stipendio da 2.500 euro.
«Un bel giorno è arrivata la lettera di licenziamento, la filiale ha chiuso e sono stato messo alla porta – racconta –. Ho due figli di 29 e 24 anni, entrambi senza un impiego. Con mia moglie stiamo intaccando tutti i nostri risparmi. Quanto può durare? Tra poco tempo non avremo più i soldi neanche per mangiare».
Chi ha già finito da un pezzo i 20mila euro accumulati in passato è, invece, Ursula Liquadri, 47 anni. La donna da quattro mesi si è trasferita da un Comune del Foggiano a Torino, nel disperato tentativo di trovare un’occupazione. Finora non si è mosso nulla. «Sono ospite da una zia ottantenne che mi mantiene. È umiliante alla mia età – dice –. Dopo anni di contratti a progetto, non percepisco un euro dal 2009. Ho un diploma da geometra, ma farei la collaboratrice domestica o la baby sitter pur di guadagnarmi da vivere da sola».
Quindi, l’opinione comune secondo cui questi lavoratori non sarebbero disposti ad accettare un impiego più umile rispetto a quello precedente non è confermata dalla realtà. «È una leggenda metropolitana – aggiunge Giusti –. Ci sono laureati over 40 pronti a fare i commessi o i camerieri». Alcuni degli 800 iscritti all’Alp di Torino, ad esempio, la scorsa settimana hanno pulito i marciapiedi di un quadrilatero della città. Gratis. «La prossima settimana toccherà a un’altra zona – afferma il presidente Calogero Suriano –. È un’iniziativa nata per attirare l’attenzione e far capire che alla nostra età possiamo ancora svolgere alcune mansioni ed essere pagati».
Si accetta qualunque tipo di offerta. Marco, 53 anni, dottore in Lettere, non ha esitato a dire sì a un lavoretto temporaneo come guardiano per pochi euro l’ora.
Nelle ultime settimane alcuni partiti si stanno interrogando sull’eventualità di introdurre un reddito minimo garantito per tutta la platea di disoccupati. «Servono, però, politiche attive e di sviluppo per fornire formazione e opportunità anche a chi non è più giovane», sostiene Stefano Tassinari, responsabile Lavoro delle Acli.
In attesa di interventi incisivi a livello nazionale, sul territorio si cerca di fare il possibile. «Nel nostro piccolo proviamo a mettere in contatto domanda e offerta – spiega Marco Zanella, presidente di Over 40&50 Reset –. È durissima, ma ogni tanto si ottengono buoni risultati».
Da poche settimane, inoltre, nel Lazio si è conclusa l’iniziativa «Labirintus», finanziata dalla Regione e promossa da Atdal e Fondazione Don Luigi Liegro. Attraverso il progetto, 54 disoccupati di lungo periodo hanno avuto l’opportunità di seguire un percorso di supporto psicologico e operativo per favorire il reinserimento lavorativo. Cinque partecipanti sono già riusciti in questa impresa. Altri due hanno avviato attività di autoimpiego. Numeri piccoli, per carità. Ma che possono aiutare tutti gli altri a non perdere la speranza.
Luca Mazza