Liturgia web don Antonio Sorrentino risponde

Di seguito le risposte che don Antonio Sorrentino ha effettuato alle domande di: Valentina H, Simona F., Andrea F., Amedeo Napolitano, Maria Rosaria S., Don Giovanni N., Clara R, Salvatore F, Antonio, Claudia F.,  Mariarosaria L.,  Andrea F.,  Eugenio,  Gino F..
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Benedizione Eucaristica e genuflessioni (prima e dopo)
Valentina H. scrive:
Rev.mo don Antonio, in una recente risposta lei ha scritto: … anche nel rito della Benedizione Eucaristica a conclusione dell’adorazione, non si genuflette più immediatamente prima e dopo aver preso tra le mani la pisside o l’ostensorio. Il Cerimoniale dei vescovi al n. 394 prevede ancora queste due genuflessioni. Si è trattato di una svista o si è voluto ritornare alla rubrica pre-conciliare? Sinceramente non saprei dire. Tuttavia, la norma del Rito del culto Eucaristico fuori la Messa sembra più in linea con il criterio della semplificazione richiesta dal Concilio al n. 34 della Costituzione liturgica: “I riti splendano per decoro e nobile semplicità, siano trasparenti per la loro brevità e senza inutili ripetizioni.  Nel numero 4 aprile 2010 di Vita Pastorale a pag 11-12 ho letto una risposta che don Silvano Sirboni dà ad una domanda, in cui si fa riferimento al suo libro Incontri eucaristici, su questa questione indicando una soluzione, almeno così mi sembra di aver capito, diversa, anzi contraria, da quella che lei ci ha offerto. Don Sirboni scrive: Per quanto riguarda le genuflessioni prima e dopo la benedizione eucaristica, è il Cerimoniale dei vescovi che fa testo sia per la sua autorevolezza riguardo alle cerimonie, sia per la sua pubblicazione successiva che corregge o integra il rituale precedente (cf 394 e 1114).
Don Antonio risponde
Effettivamente c’è differenza tra quanto prescrive il “Rito del culto Eucaristico fuori la Messa” e il pontificale romano.  Svista o marcia indietro?  Correzione della linea semplificativa delle rubriche, suggerita dal Concilio (SC, n. 34) o ripresa della genuflessione prima e dopo la benedizione, per sotolineare un senso di maggiore attenzione-adorazione dell’Eucarestia?  Certo, nell’attuazione della riforma liturgica a volte si è pigiato il piede sull’acceleratore, altre volte sul freno.  Tuttavia, checché ne sia l’interpretazione, siccome il Pontificale è posteriore, fa testo e bisogna attenersi.

La Comunione, prima e dopo.  Preghiere in silenzio durante la consacrazione
Simona F.(2) scrive: Quando i fedeli ricevono la santa comunione sulla mano o direttamente in bocca, devono fare un inchino col capo? O solo chi la riceve sulla mano? E in quale momento?  Inoltre è giusto che chi riceve il Corpo di Cristo faccia l’inchino dietro a chi in quel momento si comunica?Le chiedo anche se dopo aver ricevuto il Corpo del Signore è bene segnarsi col segno della croce e/o fare l’inchino all’altare e poi ritornare al proprio posto?

Andrea F.(11 a e 11 B) scrive: Caro don Antonio, i nn. 159 e 160 dell’OGMR recitano: – Mentre il sacerdote si comunica, si inizia il canto alla Comunione. – Poi il sacerdote prende la patena o la pisside e si reca dai comunicandi, che normalmente si avvicinano processionalmente. Le chiedo: è giusto che mentre il sacerdote si comunica alcuni fedeli sono già fermi davanti all’altare per ricevere la santa comunione? Oppure è bene che i fedeli aspettino tra i banchi che il sacerdote si comunichi al Corpo e Sangue di Cristo e, mentre egli si avvia per distribuire la comunione, iniziano ad avvicinarsi in processione all’altare? Le pongo un secondo quesito.  Durante la consacrazione del pane e del vino, le rubriche scrivono: “Presenta al popolo l’ostia consacrata, la depone sulla patena e genuflette in adorazione … Presenta al popolo il calice, lo depone sul corporale e genuflette in adorazione ( Messale Romano, pag. 394-395 ). Quando il sacerdote mostra l’ostia consacrata e il calice, i fedeli possono nel proprio cuore rivolgere al Signore preghiere come: “Mio Signore e mio Dio” ( Gv 20,28 ), oppure “E’ il Signore Gesù! Si offre per noi! ( La Messa dei fanciulli – Preghiera eucaristica II – pag. 52 ), oppure “ Ti adoro”? Si potrebbe rivolgere in quel momento al Signore anche altre preghiere spontanee di adorazione?  Infine, essendo un momento di adorazione, i fedeli possono rivolgere a Dio anche preghiere di domande e altro?

Don Antonio risponde
2 e 11a Il messale non specifica il momento preciso in cui i fedeli devono avvicinarsi all’altare per ricevere l’Eucarestia.  Lo si fa mentre il sacerdote si comunica, però non alla spicciolata e disordinatamente, ma devotamente ed in processione.  Se si partisse alla fine della Comunione del sacerdote, ci si dovrebbe poi affrettare scompostamente per giungere in tempo davanti al presbiterio.  I fedeli prima di ricevere l’Eucarestia (in mano o direttamente in bocca), quando sono davanti al ministro, “si raccomanda che facciano la debita riverenza, stabilite dalle stesse norme” (OGMR, n.160).  Fino a oggi, nessuna indicazione precisa è stata data a riguardo.  Pertanto, basta un leggero inchino, che apre la sequenza rituale della Comunione: riverenza, astensione dell’Ostia, atto di fede (“il Corpo di Cristo.  Amen.”).  L’Ostia si consuma davanti al ministro, se si riceve in mano, ci si sposta un poco di lato, per far posto al fedele che segue (“Redemptionis Sacramentum” n. 104).  Per rispettare adeguatamente questa sequenza, l’Eucarestia va distribuita e ricevuta con calma, serenamente, soprattutto con fede e amore, non in modo frettoloso me sbadato.   Non è previsto alcun segno di croce né prima né dopo la Comunione da parte del fedele (e neanche da parte del sacerdote nel mostrare l’Ostia per l’adorazione).
11b Il sacerdote, dopo la consacrazione, presenta l’ostia e il calice all’adorazione dei fedeli.  Questa adorazione viene espressa con il gesto dello stare in ginocchio oppure –se si resta in piedi- con un inchino, che si accompagna alla genuflessione che fa il sacerdote.  L’adorazione può essere anche esplicitata con parole, dette però privatamente e sottovoce, tipo  “ Mio Signore e Mio Dio”(Gv 20,28) e simile; ad esempio, quelle suggerite dall’Angelo ai pastorelli di Fatima: “Signore, ti adoro, ti ringrazio, ti amo […]”  sembrano fuori contesto, e perciò meno appropriate, preghiere di domanda.  Poi tutta l’assemblea acclama, recitando (o meglio cantando): “annunciamo la tua morte […]” per sottolineare non semplicemente la presenza eucaristica del Signore, ma la sua valenza fondamentale di memoriale pasquale.

Come chiamare Gesù?  e i “libri” da posare sull’ambone
Amedeo Napolitano scrive:
Rev.mo don Antonio,
desidero chiederle una precisazione in merito ad una risposta che lei ha dato: Tuttavia sarebbe più esatto dire: “Gesù Eucarestia” oppure “Gesù Eucaristico” meno bene, “Gesù Sacramentato”.
Perché è preferibile evitare l’espressione Gesù Sacramentato?
Un’altra domanda che le pongo è:
E’ bene preparare sull’ambone dall’inizio della celebrazione dell’Eucaristia il lezionario e sotto di esso l’orazionale? O è opportuno prendere l’orazionale solo quando occorre? Inoltre ho notato in più parrocchie l’abitudine, quando si leggono le preghiere dei fedeli, di appoggiare l’orazionale sopra il lezionario dovendo leggere le intenzioni dall’ambone. E’ corretto fare così? Infine potrebbe suggerire il modo migliore per leggere la preghiera dei fedeli?
Don Antonio risponde:
“Sacramentato” è participio passato del verbo “sacramentare”, che significa (dal latino) “giurare”.  Tale participio è stato congiunto con Gesù, per indicare la sua presenza eucaristica.  Oggi tale espressione sembra desueta, mentre la dizione suggerita “Gesù Eucaristia” (oppure “Gesù Eucaristico”) sembra più vera e significativa.  Anche il linguaggio liturgico deve essere vivo, superando formulazioni stantie e poco comprensibili.
L’Orazionale è un sussidio liturgico, che dovrebbe educare l’assemblea a formulare intenzioni di preghiera, rispondenti alla parola di Dio ascoltata e alle situazioni concrete di vita.   Sia l’Introduzione al Lezionario sia l’OGMR raccomandano che sull’ambone vengano posti solo il Lezionario e l’Evangeliario.  A volte, per praticità soprattutto nei giorni feriali (nei quali raramente –purtroppo- si tiene l’omelia e non sempre si osserva una pausa di silenzio dopo le letture bibliche) si usa mettere l’Orazionale sotto il Lezionario, per averlo a portata di mano.  Infatti le intenzioni di preghiera dovendo essere in relazione con la parola di Dio, possono essere proposte dall’ambone (OGMR, n. 309).  Ma nei giorni festivi (nei quali obbligatoriamente si tiene l’omelia, è raccomandata una pausa di silenzio e si tiene la professione di fede) sembra più opportuno predisporre in altro luogo l’Orazionale, che poi l’incaricato (diacono, lettore o fedele laico) prenderà per proporre le intenzioni di preghiera. I vescovi italiani, nelle “Precisazioni al Messale del 1983 (n.16) scrivono: L’ambone non diventi supporto per libri liturgici, all’infuori del Lezionario e dell’Evangelario”.  Un tempo si diceva: “De minimis non curat praetor”, la liturgia non può scendere ai minimi particolari, quasi a misurare i gesti con il millimetro.  Tuttavia, per rispetto al libro liturgico, che “merita particolare venerazione” (OGMR,n. 349), è bene non appoggiare l’Orazionale sul Lezionario, ma tenerlo un poco sollevato.  Se poi, distrattamente o per comodità  di lettura, l’Orazionale va sopra il Lezionario, siamo benevoli e non censori.

Risposta dei fanciulli alla “prima comunione”.  Come inchinarsi alla Benedizione solenne
Maria Rosaria S. scrive:Rev. mo don Antonio,in parrocchia quando celebriamo la Messa di prima comunione eucaristica dopo la proclamazione del Vangelo i fanciulli vengono chiamati per nome e rispondendo “Eccomi” si alzano. Poi si siedono per l’omelia. E’ corretto fare in questo modo?  Nel Messale Romano a pag. 428 per quanto riguarda la benedizione solenne è scritto che il diacono o, in sua mancanza, il sacerdote stesso può invitare i fedeli con queste parole o con altre simili: Inchinatevi per la benedizione. Quali possono essere le parole simili? L’inchino è di tutto il corpo o solo del capo?  Inoltre durante la benedizione che conclude la S. Messa, sia solenne che semplice, molti fedeli si inginocchiano. E’ giusto stare anche in ginocchio?
Don Antonio risponde
La benedizione conclusiva della messa (anche se impartita dal Vescovo) si riceve in piedi e non in ginocchio, evitando eccezioni specifiche e devozionistiche, in modo da avere uniformità di gesti e di atteggiamenti del corpo da parte di tutta l’assemblea (OGMR, n.43).  durante le formule della benedizione solenne, i fedeli, su invito del diacono  ( o del sacerdote) stanno inchinati, penso profondamente, (il messale non specifica), analogamente a quanto fa il diacono nel ricevere la benedizione del sacerdote prima di proclamare il Vangelo (OGMR, n.175).
La messa di prima comunione evidentemente è più festosa rispetto alla normali Messa domenicali, tuttavia non diventi tanto fastosa da concentrare l’attenzione dei fanciulli e dei partecipanti più sugli elementi aggiuntivi che su ciò che è realmente essenziale e importante: l’ascolto della Parola, l’offerta del sacrificio di Gesù e la partecipazione al banchetto eucaristico.  La Messa di prima comunione non deve diventare troppo diversa dalla Messa domenicale.  Pertanto, non sembra opportuno inserirvi elementi propri di altri contesti celebrativi, quali ad esempio, la presentazione (più o meno emotiva ed elogiativa) e la risposta dei fanciulli come si fa nei riti di Ordinazione.

Invocazioni in Quaresima.  Beata Vergine Maria e il mese di maggio
Don Giovanni N. scrive: Rev. mo don Antonio, come sempre la ringrazio per il suo preziosissimo aiuto. Desidero rivolgerle due quesiti:  In questo tempo di Pasqua, durante la celebrazione eucaristica, ho recitato le invocazioni Signore, pietà del secondo formulario relative però al tempo di Quaresima a pag. 299 del Messale Romano (Signore, che nell’acqua e nello Spirito ci hai rigenerato a tua immagine, abbi pietà di noi…), perché richiamano il vangelo del giorno: il dialogo tra Gesù e Nicodemo.  E’ stato un errore?  Inoltre che suggerimenti può darmi per sottolineare durante le celebrazioni eucaristiche del mese di maggio la figura della beata Vergine Maria?
Don Antonio risponde
Ha fatto bene ad utilizzare quelle invocazioni, che richiamano, anticipandolo, il Vangelo del giorno.   La liturgia riformata dal Concilio prevede una certa saggia creatività soprattutto usando testi alternativi già inseriti nel Messale.
Come insegnano il concilio (LG) e il Magistero (cfr Marialis cultus di Paolo VI e Redemptoris Mater di G Paolo II) il vero culto mariano va inserito nel mistero di Cristo creduto e celebrato.  Nel mese di maggio è opportuno, durante la celebrazione eucaristica, fare un riferimento a Maria, evidenziando la sua personale partecipazione al mistero pasquale nella sua ampiezza e nelle sue componenti, senza mettere tra parentesi la parola di Dio proclamata nelle celebrazioni, cedere alla tentazione di tenere prediche o catechesi sui temi mariani sganciati dalla celebrazione in atto.  L’omelia è sempre sui testi della celebrazione.

Valorizziamo il passaggio tra liturgia della “parola” e liturgia  “Eucaristica”
Clara R. scrive: Rev. mo don Antonio, Le scrivo di nuovo un quesito, perché stranamente è stata visualizzata la risposta ad una mia domanda ma non alla seguente: per valorizzare il passaggio dalla liturgia della Parola a quella eucaristica è possibile invitare i fedeli, al momento della presentazione dei doni, a disporsi attorno alla mensa eucaristica?  Colgo l’occasione per rivolgerle un altro quesito: Nel Messale Romano a pag. 116, il n. 10 relativo alla Domenica delle palme, scrive: …segue il crocifero con la croce ornata a festa.  Le chiedo: in questa domenica solo la croce che si porta in processione va ornata a festa, cioè avvolta con i rami di ulivo? O è bene ornare anche: il grande crocifisso che in genere è dietro ad ogni altare,i crocifissi che si possono trovare nelle cappelle laterali, le dodici croci che segnano i punti delle pareti della chiesa dove il vescovo ha unto con il sacro crisma durante la celebrazione della dedicazione, le croci che sono sui quadri della Via Crucis? E che altro ancora?
Don Antonio risponde:
Presentati i doni (consegnandoli nelle mani del sacerdote), i ragazzi o i fedeli tornano ordinatamente ai propri posti, senza disporsi intorno all’altare, quasi fossero dei concelebranti.  Ciò non è permesso neanche agli sposi e ai fanciulli di prima comunione.
La processione della domenica delle Palme è in onore di Cristo, che entra in Gerusalemme quale “re nel dolore”, “re nel dono di sé”.  Pertanto la croce processionale va ornata con rami di olivo o di palma.  Però non è previsto e non sembra opportuno, ornare con rami altre croci presenti in chiesa.  Tuttavia è consentito ornare la croce che abitualmente sta presso o sopra l’altare.

Promesse Battesimali, come rinnovarle
Salvatore F. scrive: Rev. mo don Antonio, le scrivo per rivolgerle un quesito sulla Veglia pasquale: Nel Messale romano a pag. 178 il n. 44 afferma che: … Quindi, omessa la rinnovazione delle promesse battesimali, dopo una breve monizione, il sacerdote dice.  Il n. 46 a pag. 179 recita invece: Terminato il rito del Battesimo (e della Confermazione) oppure, se questo non ha avuto luogo, dopo la benedizione dell’acqua, tutti, stando in piedi e con in mano la candela accesa, rinnovano le promesse del Battesimo.Mi sembra che queste due rubriche si contraddicano a proposito delle rinnovazione delle promesse battesimali. Le chiedo: quando durante la Veglia pasquale si celebrano i battesimi, si rinnovano le promesse del Battesimo com’è scritto nel Messale romano a pag. 180-181, oppure si omettono com’è indica il citato n. 44? Inoltre perché le rubriche del Messale, che immagino siano state preparate con profonda cura, non sono chiare?
Don Antonio risponde
Un tempo si diceva: “non sunt multiplicanda nentia sine necessitate”.  E il concilio invita a evitare “inutili ripetizioni”  (SC,n.34).  Pertanto, nella veglia pasquale, anche se ci sono i battesimi, si rinnovano una sola volta gli impegni battesimali.  I nn. 44 e 46 del Messale –ponendo attenzione alla punteggiatura- non sono in contraddizione.

Coinvolgiamo i fedeli.  Neocatecumeni e il crocifisso.
Antonio scrive:Rev. mo don Antonio, la ringrazio per la possibilità che offrite per approfondire la liturgia. Le pongo due quesiti:per evitare che le celebrazioni eucaristiche quotidiane seguano sempre un identico e preciso schema, che suggerimenti potete dare perché la partecipazione dei fedeli sia sempre più coinvolgente?  Ho notato che nelle parrocchie dove è presente il cammino neocatecumenale spesso accanto l’ambone si trova una croce astile con l’immagine del crocifisso tipica  di questo cammino. E’ corretto che la croce astile sia accanto all’ambone? Ed è giusto che una croce, che sta in una chiesa dove sono presenti tanti gruppi, abbia un’immagine che fa pensare soltanto ad un gruppo?
Don Antonio risponde:
Il messale di Paolo VI (ed. 1983) offre preziosi testi eucologici (cioè di preghiera) alternativi, perché la nostra fede (e la liturgia che la celebra) ha aspetti molteplici e convergenti, che non possono essere espressi adeguatamente con  poche formule.  Perciò abbiamo molte “collette” feriali e festive e ben 13 preci eucaristiche.  Il sacerdote presidente, tenendo presenti le norme liturgiche e la situazione concreta dell’assemblea, può scegliere –quando è consentito- con prudenza e saggezza, evitando di dire meccanicamente e a memoria sempre i soliti testi, con il rischio che essi scivolino sui fedeli, senza coinvolgerli nella preghiera.
Nessun gruppo può imporre a tutta la comunità o all’assemblea celebrante la sua specifica spiritualità, che oltretutto, senza un’adeguata formazione, non sarebbe neanche capita.  Quanto alla croce, il Messale  prevede che sia posta non accanto all’ambone (che è il “monumentum resurrectionis”), nel tempo pasquale si pone il cero pasquale.  A questo scopo, accanto al’ambone –come vediamo a Salerno, Ravello, Badia di Cava, ecc.-si innalzano splendidi candelabri, scolpiti e/o mosaicati, sulla cui cima risplende la luce del Risorto.

Cantiamo il “salmo”… e poi silenzio!
Claudia F. scrive: vorrei chiederle un chiarimento su una risposta che recentemente mi ha dato sul salmo responsoriale. Lei ha scritto che: è previsto che, in circostanze particolari, il salmo possa essere cantato “in directum” (cioè senza alternanza solista/assemblea) da un solista, o dal coro, o dall’assemblea. Lo stesso può essere fatto se il salmo non è cantato? Quindi è possibile recitarlo per intero cioè senza leggere il ritornello, né all’inizio, né dopo le strofe e né alla fine?Inoltre l’OGMR al n. 56 scrive: Questi momenti di silenzio si possono osservare … dopo la prima e la seconda lettura. E’ bene osservare questo momento di silenzio anche durante la settimana dopo il salmo responsoriale e prima dell’alleluia?
Don Antonio risponde
Normalmente il Salmo responsoriale –come dice l’aggettivo stesso- va proposto in forma alternata tra solista e assemblea.  In casi straordinari è consentita l’esecuzione “in directum”, cioè può essere recitato o cantato da un solista o da tutti, senza ritornello (OGMR, n.61).   È previsto che dopo le letture bibliche e/o dopo il Salmo responsoriale vi sia una pausa di silenzio. (cfr.OGMR, n.56).

Quale “Tovaglia”.  Altare spoglio. Processione.
Mariarosaria L. scrive: Rev. mo don Antonio, le scrivo per chiederle: la tovaglia che copre l’altare deve essere lunga ai lati fino a quasi toccare il pavimento? Ho visto questo quando il Papa celebra all’esterno della basilica di san Pietro. Oppure può essere così lunga solo se c’è una seconda tovaglia? Se fosse così, questa seconda tovaglia va sopra o sotto quella lunga? Durante la S. Messa della prima Comunione eucaristica è possibile iniziare la celebrazione con l’altare spoglio come si fa per il Venerdì santo e durante la presentazione dei doni far portare a due genitori o a due mamme la tovaglia che stesso loro stendono sull’altare il quel momento?
Don Antonio risponde
L’altare cristiano è insieme “ara” sacrificale e mensa conviviale.  Questo secondo aspetto è evidenziato soprattutto dalla tovaglia.  Il messale recita: “si distende sopra l’altare sul quale si celebra almeno una tovaglia di colore bianco, che, per la forma, la misura e l’ornamento, sia adatta alla struttura dell’altare” (OGMR, nn.294 e 304).  Non sono più obbligatorie tre tovaglie (con simbolismo forzati), ma “almeno una” e di col,ore bianco.  Inoltre, non è detto che siano solo di lino, né che giungano fin quasi a terra.  Pertanto: no a tovaglie tutte colorate, ma bianche, anche se con un gallone o bordo o ricamo colorato.  La tovaglia può scendere alcuni centimetri intorno a tutto il perimetro  della mensa, oppure scendere pochi centimetri sui lati lunghi e quasi fino a terra sui lati corti o, ancora, scendere molto solo sui  lati corti, lasciando quasi scoperta la mensa sui lati lunghi, per non nascondere la bellezza del marmo (scolpito o intarsiato).  Dato che la tovaglia spesso è ornata oppure ricamata e, se esposta a macchie di fiori o di vino, dovrebbe essere lavata frequentemente, compromettendone l decorazione, si usa sovrapporvi una seconda tovaglia, che ricopre solo la superficie della mensa.  Ma sembrano davvero disdicevoli, e di pessimo gusto fogli di cellofan o di plastica.  Non li usiamo neanche sulle nostre mense domestiche!
Il n.111 dell’OGMR prescrive che, per celebrazione, “l’altare sia coperto da almeno una tovaglia bianca, sopra o accanto a esso vi siano almeno due candele (non una soltanto!), la croce con il crocifisso rivolto al popolo”.   Inoltre il n.306 prevede che solo al momento della presentazione dei doni vengano portati all’altare il calice con la patena, la pisside, il corporale, il purificatoio, la palla, il messale.  Pertanto, si suppone che la tovaglia ed eventualmente i candelieri e i fiori vi siano già dall’inizio della celebrazione.   A conferma, c’è una risposta della congregazione da portare nell’offertorio della Messa: “I preparativi dell’altare (tovaglie, fiori, candelieri, ecc.) non si possono fare all’offertorio”.  Solo nella celebrazione del Venerdì Santo, l’altare –in via eccezionale- deve essere senza tovaglie né candelieri all’inizio delle celebrazione”.  Del resto, sarebbe complicato e distraente ornare l’altare  all’offertorio!  Le norme liturgiche sono sagge.  A volte, volendo strafare e credendo alla fantasia, anziché favorire si finisce per rendere più difficile la partecipazione pia e fruttuosa dell’assemblea.  La sobrietà è legge antica e costante delle liturgia romana.

Padre Nostro o segno di pace.  “Saluto al tabernacolo”
Eugenio scrive:
Gentile don Antonio, forse più che una domanda, il mio vuole essere un allarme per chi ama la liturgia e forse è argomento già da Lei sviluppato, vengo al dunque; Al Padre Nostro da tempo nella mia parrocchia, notiamo che i fedeli che si sbracciano per potersi dare la mano in segno di comunione fraterna, anticipando il segno della pace- Cosa fare? Cosa suggerisce? E ancora parlando di ; il celebrante dopo la Comunione ripone la pisside nel tabernacolo- ed ecco una gara tra fedeli che in segno di rispetto si alzano improvvisamente per il saluto,come dimenticando magari, che loro stessi, avendo ricevuto la Comunione, diventano tabernacoli viventi.
Don Antonio risponde:
Non possiamo caricare un  rito di tutte le nostre attese.  Ciascun gesto ha un suo significato specifico.  Nella celebrazione eucaristica, dopo l’offerta del sacrificio, ci si prepara a partecipare al banchetto con tre riti particolari:
  • -rito della filiazione, recitando il Padre nostro, che è la preghiera dei figli di Dio.  Perciò il gesto che l’accompagna è quello tipico dell’orante “braccia allargate e alzate, senza legarsi in catena con i vicini;
  • – rito della fraternità, scambiandosi “con i più vicini” un gesto di pace (OGMR, n.92)
  • – rito della frazione del pane, a indicare l’unità e la condivisione del corpo eucaristico e mistico di Cristo 8cfr. 1Cor 10,17).
Un segno di croce, mentre viene chiuso il tabernacolo dopo la Comunione?  Non è previsto, non è richiesto, è un di più (quasi un saluto a Gesù) ma neanche è proibito né –penso- vanno rimproverati i fedeli che lo fanno, per non turbare  la loro devozione spontanea.

Cresimandi in piedi o in ginocchio.  Catechismo senza la Messa domenicale.
Gino F. scrive: Carissimo don Antonio, la ringrazio anche a nome di tanti operatori pastorali che con me apprezzano moltissimo i suoi interventi che ci aiutano a trovare risposte concrete a tanti dubbi.Le scrivo perché il n. 29 del Rito della Confermazione a pag. 44 prevede la preghiera Dio onnipotente, Padre del Signore … recitata dal vescovo mentre impone le sue mani su tutti i cresimandi. Mentre il vescovo recita questa preghiera, i cresimandi restano in piedi oppure si possono mettere in ginocchio? In entrambi i casi è bene che inchinino il capo o tutto il corpo? Oppure nulla di tutto questo? Nella nostra parrocchia come in tutta la diocesi il catechismo per la prima Comunione eucaristica dura tre anni. Durante il primo anno stiamo pensando di non far partecipare i ragazzi alla S. Messa, ma di prepararli al significato della celebrazione eucaristica e della preghiera comunitaria con una Liturgia della Parola che si svolge sempre la domenica. Poi all’inizio del secondo anno di catechismo questi ragazzi iniziano a partecipare alla S. Messa. Le chiedo se è corretta questa impostazione o se è opportuno che i ragazzi partecipino all’Eucaristia dall’inizio del primo anno di catechismo.
Don Antonio risponde:
Mentre i cresimandi rinnovano le promesse battesimali, “stanno tutti in piedi”  (“omnes simul stant”) davanti al Vescovo (Pont. Rom., n 463; Rito della Cresima, n.26).  Il rito non prevede un cambio di posizione durante l’invocazione dello Spirito Santo su tutti i cresimandi.
I fanciulli a Messa.  Per tutti i credenti nel Dio biblico c’è l’obbligo di santificare le feste (3°  comandamento).  Per i cattolici la Chiesa, fin dai primissimi tempi, ha specificato che la festa viene santificata astenendosi dal lavoro, partecipando alla Messa e compiendo opere di amore.  Così recita il 1° Precetto generale della Chiesa: “Partecipa alla Messa  la domenica e gli altri giorni festivi (che sono sei 1°  e 6°  gennaio, 15 agosto, 1°  novembre, 8 e 25 dicembre).  Alle leggi generali della chiesa sono tenuti i battezzati cattolici che hanno compiuto il settimo anno di età (diritto canonico, can 11).  Pertanto, i fanciulli dai sette anni in su sono tenuti a partecipare alla Messa festiva.  La pedagogia insegna, che “s’impara facendo”, “l’esperienza è educante e plasma la personalità”.  Affinché i fanciulli non siano presenti in modo passivo o addirittura siano tediati ed infastidi e disturbino la partecipazione degli adulti, evidentemente vanno pazientemente preparati, educandoli alla preghiera, al silenzio, all’ascolto, al significato dei gesti e dei riti liturgici con opportune spiegazioni e anche con celebrazioni paraliturgiche in un contesto catechistico, come suggeriscono i Vescovi italiani nel “direttorio” della Messa dei fanciulli (1976).  A volte si è tentato di celebrare separatamente per i fanciulli la liturgia della Parole, per poi portarli in chiesa al momento dell’offertorio.  Ma, ad evitare attese e confusione, occorre essere molto rpecisi nei tempi e nella sistemazione dei nuovi arrivati.  Più saggiamente, forse, è bene che i fanciulli fin dal principio facciano assemblea insieme con i familiari e gli adulti della comunità.  Il presidente e gli animatori, nella scelta dei canti e degli interventi ministeriali, nelle monizioni, abbiano rispetto e attenzione per questa presenza di fanciulli, in modo da coinvolgerli  ed educarli a una partecipazione attiva comunitaria, pia e fruttuosa.

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