Lectio al Vangelo di giovedì 1 novembre 2012
|Tutti i Santi
Vangelo: Mt 5,1-12a
La scelta del testo di Matteo come delle altre letture odierne (Ap 7,2-4.9-14; Sal 23 e 1Gv 3,1-3) è indirizzata a mettere in luce i diversi aspetti della chiamata alla santità che celebriamo solennemente nei fratelli e sorelle che ci hanno preceduto nel cammino verso il Regno.
1. Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
Questi primi due versetti servono da transizione tra il discorso della montagna e il brano precedente e ci offrono un introduzione solenne: Gesù con l’atteggiamento del maestro (seduto, con i suoi discepoli attorno) insegna dopo essere salito sul monte, luogo teologico in cui avviene la manifestazione di Dio, nel nostro caso il richiamo è al Sinai e alla consegna delle tavole della legge. Letteralmente Matteo dice: aperta la sua bocca diceva loro, con una frase di tipo sapienziale e con autorità propria (cfr. 7,29); ci dobbiamo dunque aspettare un insegnamento importante.
3. «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Le beatitudini si dividono in Matteo in due gruppi di quattro (vv. 6-4 e 7-10) a cui si aggiungono i vv. 11-12 che sono una ripresa dell’ottava. L’equilibrio della composizione, il confronto con il testo di Lc 6,20-23, e l’inclusione formata dall’espressione perché di essi è il regno dei cieli che appare al v. 3b e al v. 10b fanno pensare ad un lavoro di redazione sul testo di base riportato da Luca. Il testo di Matteo dà alle beatitudini un carattere universale e atemporale.
Ogni beatitudine è accompagnata da una promessa che nella prima è coniugata al presente e ripresa nell’ottava. La presenza di Gesù in mezzo ai suoi indica che la promessa escatologica del regno è già compiuta; la sua venuta nella storia dona al presente la protezione di Dio ai credenti le cui caratteristiche sono enumerate dalle beatitudini.
Il tema inaugurale è quello dei poveri e in particolare dei poveri in spirito, che ci ricorda che il concetto biblico di povertà è affine a quello di umiltà; gli anawim infatti sono coloro che curvi e umili pregano Dio con insistenza e fiducia, appartengono alle classi più umili e povere e attendo da Dio la realizzazione delle sue promesse. La concezione della povertà di tipo morale ed escatologico in Israele si rafforzò soprattutto dopo l’esilio e comporta la presenza nei poveri di un’attitudine interiore di umiltà e di dipendenza filiale dal Signore.
I poveri dunque si appoggiano con grande fiducia all’amore di Dio e attendono da lui aiuto, senza confidare in nessuna forza umana, ed a loro Gesù promette il suo regno, presente nella sua persona e nella sua opera.
4. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
La categoria di coloro che piangono è affine ai poveri e ci richiama Is 61,1-2 (cfr. anche Is 66,10s), infatti con Gesù si avvera la promessa profetica secondo cui Dio avrebbe consolato il suo popolo e tolto ogni motivo di dolore e affanno.
5. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Anche i miti sono una categoria simile ai poveri (nel greco della LXX i due termini si assomigliano anche foneticamente) ed agli umili e secondo alcuni è un’esemplificazione della prima beatitudine; la promessa riferita al v. 5 avranno in eredità la terra è desunta dal Sal 37,11, dove la terra, più che alla Palestina, si identifica con il regno dei cieli. La mitezza è pure una caratteristica riferita a Gesù, con la purezza di cuore (cfr. 11,29).
6. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Chiude il primo gruppo la fame e sete della giustizia; Matteo offre di questa beatitudine una lettura più spirituale rispetto a Luca; poiché la giustizia si identifica con la volontà di Dio, l’atteggiamento suggerito è quello del povero che attende il compimento delle promesse di Dio e nutrono piena fiducia e disponibilità al volere di Dio. Come la precedente anche questa beatitudine è citata nel Sal 37,29 (i giusti possederanno la terra).
Matteo non si riferisce comunque solo ad una giustizia spirituale o escatologica ma anche a delle attuazioni concrete, cfr. Ger 23,6 dove il Messia è chiamato germoglio giusto).
7. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Il secondo blocco di beatitudini si apre con il tema della misericordia che, ricordiamolo è una caratteristica specifica di Dio (per A. T. cfr. Es 34,6; Dt 5,9s; Ger 32,18); rispetto alle prime quattro quelle che seguono indicano atteggiamenti più operativi. Anche se non trovano riscontro in Luca siamo di fronte all’autentico insegnamento di Gesù, rielaborato da Matteo o da una tradizione a cui ha attinto.
Tutte hanno un carattere escatologico perché la novità di vita portata da Gesù si compierà in pienezza solo nel regno di Dio. Il tema della misericordia e del perdono è tipico del N. T., per Matteo cfr. 6,12.14s; 18,19-35.
8. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Il cuore nella bibbia indica il centro della persona, l’intimo della coscienza da dove nasce la vita religiosa autentica; la beatitudine rimanda all’invito dei profeti (cfr. Am 4,1-5; Is 1,10-17) alla purezza interiore e sottintende la condanna della doppiezza e dell’ipocrisia, così spesso contestata ai farisei (cfr. 6,1-18; 15,2; 23,25).
Anche i salmi presentano la purezza del cuore come elemento fondamentale nel rapporto con Dio (51,10 e 24,3) e con un suo dono. La promessa di vedere Dio si riferisce così alla comunione con Lui, possibile in pienezza nel suo regno, dove il credente potrà gustare la sua presenza.
9. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
I beati qui sono coloro che promuovono attivamente la pace, la concordia e la riconciliazione e non semplicemente coloro che sono pazienti e pacifici. Inutile ricordare come la pace sia un dono di Dio e uno degli elemento fondamentali collegati con l’arrivo del Messia (che secondo Is 9,6 è il principe della pace).
Lavorare dunque per la pace è farsi collaboratori di Dio e suoi imitatori (quindi suoi figli).
10. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
L’ultima beatitudine rimanda alla situazione della comunità cristiana degli anni 80, quando i giudei cristiani erano emarginati e scomunicati per la loro adesione la vangelo. Condividevano così la sorte di Gesù, ma per questa loro solidarietà con Cristo erano già partecipi della consolazione e della gloria del regno dei cieli (A. Poppi).
L’inclusione segnata dal v. 11b con il v. 3b che abbiamo già indicato, ci assicura che il testo forma una unità letteraria.
11. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
I due versetti conclusivi non sono che un’applicazione ai discepoli presenti e alla comunità di Matteo, dell’ottava beatitudine, con la precisazione per causa mia (ossia di Cristo); il tema della persecuzione ha anche un riferimento alla tradizione profetica (Ger 26,7-24 anche Mt 14,3). Ma un servizio fedele a Dio assicura una grande ricompensa di cui i discepoli non possono dubitare, soprattutto dopo la resurrezione di Cristo.
Per la meditazione
1) Confrontare il testo di Matteo con Lc 6,20-23 per completare il messaggio sulle beatitudini.
2) Guardare il testo come un ritratto di Gesù per affinare il nostro sguardo di fede.
3) Come riesco a vivere nel quotidiano gli atteggiamenti delle beatitudini?