Commento al Vangelo di padre Ernesto Della Corte
|“Ci vuole una vita, forse, per imparare a essere nessuno!”.
Carissimi/e,
la II Dom TO anno A è una pagina di rivelazione; dopo il Battesimo di Gesù al Giordano, l’inizio della sua missione, la pagina giovannea di 1,29-34 ci riporta al Giordano e ci fa contemplare sia il Battista che l’Agnello/Servo (in aramaico è lo steso termine: talyà). Gesù, l’Uomo-Dio, è il Servo di Isaia, mandato a essere luce delle genti, è l’Agnello pasquale che distrugge il peccato, immergendosi nelle tenebre del mondo, con il suo mistero pasquale ci conduce ai pascoli della Vita Definitiva. Gesù c’immerge nello Spirito, cioè c’introduce nella vita di Grazia, nell’ambito divino, e ci divinizza/umanizza!
E Giovanni Battista? Il Quarto Vangelo ce lo tratteggia con finezza e precisione. Egli passa dalla visione fisica, corporea di Gesù (il verbo blepo) alla riflessione attenta con gli occhi di Dio (tethèamai: ho contemplato), alla esperienza piena di Fede (eoraka: ho visto), nella quale comprende che Gesù è il MESSIA/AGNELLO/SERVO.
Il suo itinerario di Fede è quello che ogni cristiano può compiere, se, nell’umiltà, attraversando anche le tenebre e l’incomprensione, ci apriamo alla ratio Fidei, alla ragione della Fede, come direbbe Benedetto XVI. Più si diminuisce davanti a Dio e agli uomini, più si arriva in alto.
Il Vangelo dimostra che per essere primi bisogna farsi ultimi e che per arrivare in alto bisogna scendere nell’abisso dell’umiltà.
“Ci vuole una vita, forse, per imparare a essere nessuno!”.
Buona Pasqua della settimana. Pace P. Ernesto