Come prepararsi all’omelia: "…la parola giunga a segno"

Termina con oggi la pubblicazione del breve sunto: "IL MANUALE DEL PREDICATORE" (Tutto quello che un prete dovrebbe sapere per non annoiare i suoi fedeli) scritto da don Mario Masina, speriamo di aver reso, in modo discreto, un servizio gradito.


MEGLIO UN’IDEA IN PIU’ CHE UN FEDELE IN MENO
Talvolta noi preti rischiamo di adagiarci un poco soprattutto quando supponiamo che la gente, per il fatto che viene in chiesa, sia tutta lì, pronta ad ascoltarci. No, non è così. Ce li dobbiamo conquistare, uno per uno. Non tanto per l’orgoglio del predicatore, quanto piuttosto perché la Parola giunga a segno. A questo proposito, accenno alcuni suggerimenti sperimentati.
La nostra iconografia. L’Italia è un paese con un patrimonio pittorico unico al mondo. Non c’è chiesa, oratorio, santuario che non sia dotato di affreschi o dipinti ispirati a scene evangeliche e bibliche. La chiamavano la biblia pauperum, la bibbia di coloro che non sanno leggere. Oggi, grazie a Dio, le cose vanno meglio quanto all’istruzione. Sarebbe però un vero peccato non valorizzare, almeno in alcune circostanze, tale ricchezza e varietà d’arte. Hai in chiesa una tela della visitazione? La quarta domenica d’avvento, anno C, sai di poterla utilizzare come riferimento. La illumini bene, la indichi ai fedeli e la predica la cominci da lì. Hai un’assunzione, una scena del Battista, un Emmaus? Vanno benissimo: se lo fai una tantum, la gente non mancherà di apprezzare. Sono forse dimenticati nella chiesetta romanica a due chilometri dal paese, che però è sempre chiusa? Non abbandoniamoli, prepariamoci a utilizzarli. Con il vangelo giusto, prima o poi verranno buoni. Il ricorso alle icone. Si sta diffondendo una particolare sensibilità verso questo aspetto della spiritualità orientale. In effetti le icone riescono a mettere insieme la fede, l’arte, la Parola, la preghiera. Perché non valorizzarle in alcune feste? Basti ricordare l’icona della trinità, della natività, del battesimo di Gesù, della trasfigurazione, della pentecoste e molte altre. Perché non distribuire nei banchi piccole immagini della icona relativa alla festa che si celebra e durante l’omelia incrociare la parola di Dio con essa? Una tantum, lascerebbero il segno. L’importante è sapere di cosa si tratta e prepararsi bene.  Un ciclo di letture. Nella distribuzione dei brani della Parola di Dio, capita di avere a che fare  talvolta con una ciclo compiuto e completo. La giornata di Cafarnao in Marco nelle prime domeniche per annum, il discorso della montagna, il discorso sulla comunità di Matteo, il ciclo delle parabole, il discorso sul pane in Giovanni, la lettura degli atti nel tempo pasquale e via di questo passo. Perché non invitare un bravo biblista e per tre quattro domeniche a fila, fargli celebrare la messa delle undici e avvertire la gente che per un mese quella messa avrà questo taglio particolare? Se qualcuno sarà preoccupato per la durata maggiore, cambierà orario. Se qualcun altro sarà interessato ad approfondire la Parola, si aggiungerà sicuramente. Nell’esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis leggiamo: «Si tenga presente, pertanto, lo scopo catechetico ed esortativo dell’omelia. Si ritiene opportuno che, partendo dal lezionario triennale, siano sapientemente proposte ai fedeli omelie tematiche che, lungo l’anno liturgico, trattino i grandi temi della fede cristiana, attingendo a quanto proposto autorevolmente dal Magistero nei quattro ‘pilastri’ del Catechismo della Chiesa Cattolica e nel recente Compendio: la professione della fede, la celebrazione del mistero cristiano, la vita in Cristo, la preghiera cristiana» (n°46).  Lasciare la parola. Non sempre noi preti siamo le persone più indicate a parlare. Prova ne sia che il messale per le messe con la presenza dei fanciulli prevede la possibilità che, durante l’omelia, intervenga qualcuno più abile a farsi capire da loro: una catechista, un animatore. Il prete può brevemente introdurre o concludere. Il tutto va studiato con attenzione e le eccezioni non possono diventare la regola. Ma la strada è, discretamente, indicata.

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