Ad Auschwitz, per non dimenticare
Oltre duecento italiani ad Auschwitz che sfidano il freddo e la pioggia gelida. Sono studenti e docenti guidati dal presidente del Senato Pietro Grasso e dal ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. Qui tra le baracche, fili spinati e quel che resta delle camere a gas e dei forni crematori che sterminarono circa un milione di ebrei e non solo, hanno ricordato la Shoah. Il «Viaggio della memoria» fa parte di un progetto educativo. Ogni anno arrivano in questo angolo della Polonia oltre 70mila italiani soprattutto studenti per ricordare quella tragedia e quella follia collettiva. Lo stesso presidente Grasso ha affermato che «è un privilegio essere qui» e che la sua responsabilità è continuare a combattere il negazionismo.
Di grande effetto l’incontro con i superstiti di questo campo di sterminio. Tra questi le due sorelle Bucci. «Io e mia sorella ci siamo salvate grazie alla solidarietà di una responsabile del blocco; nostro cugino invece non ha avuto fortuna. È stato portato in Germania per gli esperimenti del dottor Mengele. Andra Bucci aveva sei anni quando arrivò qui. La sorella Tatiana soltanto quattro. Sami Modiano invece era più grande, aveva tredici anni. Sono i tre sopravvissuti che hanno guidato questa comitiva ad Auschwitz e Birkenau. Anche per il ministro Carrozza questo progetto ha una sua validità, un valore importante. Tanto che nella sinagoga di Cracovia ha firmato una circolare in vista della «Giornata della memoria» di lunedì 27 gennaio.
Molto toccanti i ricordi dei sopravvissuti. Le due “bambine” – come le chiama ancora Marcello Pezzetti direttore scientifico della fondazione del Museo della Shoah di Roma – oggi hanno più di settant’anni. Entrare a Birkenau non è facile anche se sono passati tanti anni — racconta ancora Anna — . Quando vedo il filo spinato incomincio a soffrire ma ci torno lo stesso tutti gli anni con gli studenti per ripercorrere i luoghi dell’orrore della mia infanzia. Insieme agli altri ex deportati mostra agli studenti le camere a gas, i crematori, le baracche, il muro delle fucilazioni. Ricorda ancora il giorno della retata quando uomini con lunghi cappotti neri vennero a prenderla a Fiume e la trasferirono con tutta la famiglia a Trieste alla risiera di San Sabba. Il futuro passa da questi studenti e docenti. Qualcuno con le lacrime agli occhi ha sfidato la pioggia e il freddo per continuare a sperare e credere in un avvenire migliore.
Maurizio Carucci da Avvenire on-line
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