Vangelo della famiglia. "Nessun profeta è bene accetto nella sua patria…"

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/02/2013)
Vangelo: Ger 1, 4-5.17-19; Sal 70; 1Cor 12, 31-13, 13; Lc 4, 21-30   Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Lc 4,21-30)

GesuInsegnaNellaSinagogaI brani di oggi, il racconto di Geremia e l’esperienza di Gesù nel Vangelo, mettono in risalto la vocazione e l’opera del profeta che parla della vita dell’uomo secondo il progetto di Dio e della sua realizzazione. Ma il profeta non avrà compito facile, sarà sempre rifiutato e sottoposto a contestazione e a persecuzione. Infatti Geremia, all”inizio del suo libro, ci ricorda la sua vicenda intessuta di sofferenze, di isolamento, di contestazioni, ma il Signore lo conforta: “Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti” (Ger 1,19). Geremia non avrà paura perché avverte la vicinanza del Signore che lo sostiene nella sua missione.

Il salmo appare come l’invocazione del profeta – in questo caso di Geremia – che conferma la sua fiducia nel Signore e rinnova la sua richiesta di aiuto. Davanti a un compito impegnativo ogni credente chiede a Dio di essere per lui “rupe di difesa”, “baluardo inaccessibile”, “mio rifugio e mia fortezza” e di salvarlo dalle mani dell’empio che non riconosce il Signore e colui che opera nel suo nome.

Il Vangelo di oggi è la continuazione del brano che abbiamo ascoltato domenica scorsa nel quale Gesù legge una pagina del profeta Isaia e ne fa il programma della sua missione: annunciare ai poveri la buona novella, proclamare la liberazione dei prigionieri, dare la vista ai ciechi, mettere in libertà gli oppressi. Gesù si presenta come il compimento delle attese, cioè il Messia, e sottolinea l’urgenza e l’impegno di solidarietà con chi soffre, cosa che comporta un profondo cambiamento di vita. Ma i suoi concittadini passano rapidamente dall’entusiasmo al rifiuto e addirittura all’ostilità nei suoi confronti. Questo cambiamento è dovuto ai “ben pensanti” che avevano una certa influenza sulla comunità. Gesù aveva annunciato un messaggio che metteva in crisi le loro tradizioni e i loro interessi: Dio non agiva solo all’interno del popolo di Israele, ma là dove c’era la fede e, sovente, questo avveniva fuori dei confini di Israele.

Spesso noi ci entusiasmiamo di fronte a certi brani del Vangelo, perché sembrano interpretare le nostre attese, ma quando il Vangelo minaccia le nostre convinzioni radicate, i nostri diritti e le nostre abitudini, quando ci chiede una seria conversione, di cambiare mentalità, allora scatta lo stesso rifiuto dei concittadini di Gesù.

Per evitare questo occorre capire che la nostra fede non può ridursi ad una appartenenza “anagrafica” alla Chiesa, popolo di Dio, ma deve aprirsi a quella carità, a quell’amore totale, di cui ci ha parlato san Paolo nella sua lettera ai Corinzi. Carità che non può ridursi a qualche gesto di bontà che fa passare in secondo piano l’impegno più necessario e difficile che è quello della giustizia. La carità evangelica è la rivelazione dell’amore con cui Dio ha amato e ama il mondo, che porta a una nuova conoscenza della realtà, che cambia il modo di pensare l’uomo, l’altro, il prossimo. La carità che nasce dalla fede è una virtù difficile, che cambia la logica della nostra vita e contesta le nostre ideologie, le nostre verità di comodo, i nostri bisogni egoistici

Gesù ci chiede di uscire dalle logiche del mondo, dove tutto sembra in funzione del denaro, del consumo, del piacere, dell’egoismo. Ci chiama a vivere la carità dentro un amore gratuito che non conosce confini, come l’ha vissuto, predicato Lui sino ad indicalo come distintivo dei suoi discepoli e di tutti noi che ci definiamo cristiani.

L’episodio di Nazaret è anche un invito a considerare che nessuno, a qualunque popolo appartenga, è escluso dalla divina misericordia; si capisce allora quanto siano ingiuste e pericolose le barriere, anche fisiche, che vengono erette (i muri, i ghetti…), le reciproche esclusioni basate sulla razza, sulla religione, sul censo, sul grado d’istruzione e così via.

A noi il compito di saper accogliere Gesù nella nostra vita, imitarlo e convertirci per passare da un cristianesimo di facciata a un cristianesimo che vive nel quotidiano e che da la testimonianza del Vangelo.

Per la riflessione di coppia e di famiglia:

– La prima domenica di febbraio, in Italia, è dedicata alla vita. Lo slogan di quest’anno è “Generare la vita vince la crisi” (non solo economica). Tutto ciò che mortifica la vita non è da Dio, quello che fa fatica è il cuore. Cambiare il cuore vuol dire rinunciare alle proprie sicurezze. Poiché la quaresima si avvicina, come pensiamo di collegare questa parola ad alcuni cambiamenti di stile?
– Gesù si presenta come l’attualizzazione nell’oggi della Parola. Questa sua manifestazione spiazza le attese dei suoi concittadini e familiari. Se all’interno della coppia questa presa di coscienza è vissuta da un componente solo della famiglia, quali reazioni scatena all’interno delle relazioni familiari?

 

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