Web liturgia: confessione dopo la comunione; atto penitenziale; la chiesa è buia…

Don Antonio Sorrentino  risponde oggi alle domande di: Gino.

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Gino F. scrive: Caro don Antonio, diverse volte i fedeli dopo aver partecipato alla S. Messa chiedono di confessarsi. Le chiedo: è bene confessarsi dopo aver partecipato alla celebrazione eucaristica durante la quale si è ricevuta anche la santa Comunione?  Mi pongo questa domanda perché sappiamo che l’Eucaristia ci riempie già della grazia di Cristo. Quando durante la Messa si recita all’atto penitenziale il Confesso a Dio, si può battere il petto due volte, precisamente al per mia colpa ( subito dopo ad omissioni ) e al mia grandissima colpa? Lei ci ha insegnato che nella Veglia pasquale non è opportuno portare l’Evangeliario nella processione d’ingresso in modo da sottolineare l’importanza del cero pasquale. Le chiedo: nella Veglia pasquale l’Evangeliario potrebbe stare sull’altare dall’inizio della celebrazione quando le candele dell’altare sono ancora spente e la chiesa è buia?

A Gino don Antonio Sorrentino risponde così:

  1. È stato ripetutamente richiamato dal Magistero della Chiesa che se un fedele è cosciente di essere in peccato grave, per ricevere l’Eucaristia deve prima confessarsi (Riconciliazione e penitenza, n. 31; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1385; Sacramentum Caritatis, n. 20). Pertanto nessun prete può esortare a fare la Comunione rimandando a dopo la Confessione né è consentita l’assoluzione generale, neanche in occasione di pellegrinaggi o di feste patronali (cfr. RP n. 33; Codice di Diritto canonico, nn. 961-963).
  2. I peccati veniali, invece, possono essere rimessi in primo luogo con la Confessione, ma anche in altri modi, attestati già dai Padri della Chiesa (cfr RP, n. 32) e soprattutto già dall’Eucaristia celebrata, che ha grazia di perdono già in sé e in gesti e parole penitenziali del rito. Tuttavia è sempre utile confessarsi, perché la Penitenza è un sacramento, cioè un dono che non solo purifica dai peccati, ma accresce la grazia e permette di incontrare un sacerdote che, quale ministro della Riconciliazione, è anche guida spirituale del penitente (cfr RP, n. 32).
  3. All’atto penitenziale si chiede perdono “battendosi il petto” (Messale Romano, pag. 295). Non è detto quante volte. Invece, nel rito precedente il Concilio, era specificato “tre volte”, in corrispondenza della parole “mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa”. Questo gesto (di battersi il petto) non è più previsto né all’Agnello di Dio né al “Signore, non sono degno”.
  4. Per non complicare il rito e per concentrare l’attenzione dell’assemblea sul cero pasquale, segno del Risorto, nella Veglia pasquale non è previsto di portare in processione l’Evangeliario. Volendo usarlo al canto del Vangelo, lo si può deporre fin dall’inizio sull’altare.

 

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