Web liturgia: velo omerale, Alleluia, segno di pace…
|Quinto intervento settimanale di don Antonio Sorrentino che oggi risponde alle domande di: Michela, Giulia, Roberta, Ciro. Lunedì 15 novembre le risposte a Daniela, Nicola, Elvira. Per postare nuove domande al noto e stimato liturgista potete farlo scrivendole in fondo alla pagina, nello spazio dedicato ai commenti, nella pagina WEB LITURGIA, basta cliccare qui.
Michele domanda: Carissimo don Antonio, poco tempo fa ha scritto: … i ragazzi o i fedeli tornano ordinatamente ai propri posti, senza disporsi intorno all’altare, quasi fossero dei concelebranti. Ho studiato in un libro: Exsultet – Enciclopedia pratica della liturgia del Centro Nazionale di Pastorale liturgica – Parigi, ed. Queriniana a pag. 174 nella rubrica Fare con competenza: … in certe occasioni … tutta l’assemblea (e non soltanto alcuni dei suoi componenti) … al momento della presentazione delle offerte, i fedeli saranno invitati a recarsi in processione in presbiterio, disponendosi attorno alla mensa eucaristica. Perché un testo di liturgia offre un insegnamento non corretto? Ho letto in un libro sui ministranti, Manuale del ministrante di Riccardo Pane EDB a pag. 48 che prima della benedizione eucaristica esiste questa sequenza rituale: Detta l’orazione, il celebrante si inginocchia, mentre un ministro gli pone sulle spalle il velo omerale … Terminata la benedizione, il celebrante ripone l’ostensorio sull’altare, si inginocchia, un ministro toglie il velo omerale. Perché il celebrante quando riceve e toglie il velo omerale è in ginocchio? Non ho trovato questa rubrica in nessun libro liturgico. Non mi sembra che nemmeno il Cerimoniale dei Vescovi lo precisi. Non sarebbe più comodo e quindi più opportuno stare in piedi? Le chiedo un ultimo chiarimento. Nel libro di Felice Ferraris, Regia delle celebrazioni liturgiche, San Paolo a pag. 104 l’autore scrive: … all’atto penitenziale … oltre al battersi il petto … si può variare utilizzando l’inchino profondo o il mettersi in ginocchio. Invece nella rivista La Vita in Cristo e nella Chiesa, il n. 7 Agosto-Settembre 2009 a pag. 8, il liturgista don Silvano Sirboni insegna che non si fa né l’inchino profondo e né si inginocchia perché: i vescovi italiani precisano che i fedeli stanno “in piedi dal canto d’ingresso fino alla colletta compresa” (Messale Romano, Precisazioni CEI,1). Anche in questo caso due liturgisti che su una stessa tematica offrono soluzioni diverse, opposte. In questo modo, le domando, non si disorientano i lettori? Ma le chiedo pure se all’atto penitenziale ci si può inchinare in modo profondo e/o inginocchiarsi?
Don Antonio Sorrentino risponde (sia a Michele che a Giulia nel suo intervento pubblicato il 7 novembre us)
A Michele,
- Nelle celebrazioni è bene distinguere (anche nei segni) i ruoli dei diversi partecipanti. All’altare stanno soltanto il presidente e i concelebranti. Né sposi, né fanciulli di prima comunione possono mettersi intorno alla Mensa quasi fossero concelebranti, tantomeno alzare le ostie consacrate o comunicarsi direttamente. A volte, pur con buone intenzioni si esagera, estendendo indebitamente ad altri ciò che è proprio di ruoli specifici, creando confusione.
- Mettere e togliere il velo omerale al prete (o al diacono) mentre sta in ginocchio o in piedi? Sono sottigliezza inutili. Forse per comodità del ministrante lo si pone o lo si toglie mentre il ministro si inginocchia dopo l’orazione o dopo la benedizi8one eucaristica.
- Inchinati profondamente o in ginocchio all’atto penitenziale? Non imponiamo pesi in più all’assemblea: “l’assemblea sta in piedi dal canto d’ingresso fino alla colletta compresa (OGMR n. 43) e stop.
A Giulia
- Per antica tradizione, sia occidentale che orientale, fin dal settimo secolo, viene usato il velo omerale come segno di rispetto, per non toccare direttamente con le mani i vasi sacri contenenti l’Eucarestia. Non viene usato per riporre l’Eucarestia dopo la comunione né dopo la benedizione, evidentemente per maggiore semplicità. Non complichiamoci la vita con nuovi ritualismi. Il Giovedì e Venerdì santo, invece, viene usato perché si tratta di celebrazioni particolari, soprattutto il Giovedì santo, per dare risalto all’adorazione solenne che si protrae fino mezzanotte. Difatti il SS.mo viene solennemente portato in processione al luogo della reposizione, invece il Venerdì santo viene riportato all’altare in modo molto più sobrio (senza turiferario, né croce, con due sole candele). Il pontificale romano prevede l’uso del Velo omerale anche il Venerdì santo; non lo richiede invece il Messale romano, evidentemente i riti si vanno precisando col tempo.
- Mentre il ministro (sacerdote o diacono) imparte la benedizione solenne (cioè con l’Ostensorio) in forma di croce, né il Pontificale, né il Messale chiedono che si suoni il campanello o che il SS.mo venga incensato. Per antica consuetudine è consentito farlo (anche per richiamare una maggiore attenzione da parte dei fedeli) incensando con tre tiri doppi.
Roberta B. chiede: Caro padre, l’OGMR scrive nel n. 63, c che L’alleluia e il versetto prima del Vangelo, se non si cantano, si possono tralasciare. Questo possono come va interpretato? Quando non si possono cantare, è preferibile ometterli? Quindi dopo il salmo responsoriale o dopo la seconda lettura quando c’è, il ministro dice subito Il Signore sia con voi? E’ bene omettere sia l’Alleluia e sia il versetto se si cantasse soltanto l’Alleluia prima e dopo il versetto che invece verrebbe recitato? In ogni Messa, e quindi anche in quelle feriali (è giusta l’espressione Messa feriale?), bisogna cantare sempre l’Alleluia con il suo versetto, e il ritornello del salmo responsoriale? Dando una risposta lei ha scritto che: Dopo il Vangelo si acclama: “Lode a te, o Cristo”. Si può aggiungere il canto dell’Alleluia? Non è previsto, però, soprattutto nel tempo pasquale, potrebbe essere considerato un prolungamento e una caratterizzazione gioiosa, come quando alle antifone si aggiunge l’alleluia. Ma nel suo libro Celebriamo con gioia nella nota a pag. 178 ha scritto invece che: …si potrebbe fare intervenire i fedeli e la schola riprendendo, al posto di “Lode a te, o Cristo”, l’Alleluia cantato prima del Vangelo. Pertanto le chiedo perché nel suo libro è scritto che l’Alleluia sostituisce Lode a te, o Cristo mentre nella sua risposta è scritto invece che si aggiunge? Non sono due suggerimenti opposti? Durante la proclamazione del Vangelo i ministranti portano i ceri. Quando si trovano all’ambone devono stare l’uno di fronte all’altro o rivolti verso l’Evangeliario cioè verso chi proclama? Qual è il significato che si dà a questi ceri? Il significato è lo stesso per i ceri che si usano per accompagnare il Santissimo quando lo si ripone al termine della distribuzione della santa comunione? Ed anche per i ceri che accompagnano la croce per il rito dell’ostensione e adorazione della santa croce il Venerdì santo? Oppure per questi ultimi due casi il significato dei ceri è diverso?
Don Antonio risponde:
- La proclamazione del Vangelo, anche nei giorni feriali, viene preparata da un ”canto al Vangelo” composto dall’Alleluia (o acclamazione diversa in Quaresima) più un versetto. Almeno l’Alleluia dovrebbe essere sempre cantato, altrimenti perderebbe del suo significato e della sua forza; il versetto può essere cantato o solo recitato. Evidentemente c’è differenza (non teologica, ma rituale) tra una messa festiva e quella feriale (che ha solo due letture bibliche anziché tre, non ha né gloria, né credo, non prevede obbligatoriamente l’omelia). Però sarebbe bello se almeno in alcuni giorni venisse cantato almeno il ritornello del Salmo responsoriale (nel mio libro di imminente pubblicazione ne riporto due-tre per ciascuna settimana.
- I due ministranti che portano i ceri al Vangelo è bene che si mettano l’uno di fronte all’altro, ai lati dell’Evangelario. I ceri sono segno di onore e venerazione e indicano presenza del Signore nell’immagine del Crocifisso (ingresso e fine Messa), nella Parola, nell’Eucarestia. All’ostensione della croce il venerdì santo i due ministranti “che l’accompagnano” possono mettersi di fianco al celebrante che mostra la Croce, e poi uno di fronte all’altro, avendo in mezzo la croce, mentre viene baciata.
Ciro B. chiede: Gent. mo don Antonio, le chiedo un chiarimento sullo scambio della pace. In OGMR al n. 154 è scritto: «Quando si dà la pace, si può dire: “La pace del Signore sia sempre con te”, a cui si risponde: “Amen”». Le domando: Questo tipo di saluto riguarda solo i fedeli o anche il celebrante con i ministri? Se riguarda anche i fedeli, questi come fanno a stabilire chi dice la prima parte e chi risponde Amen? Nelle Precisazioni della Cei del 1983 al n. 6 (Segno di pace) invece è scritto: «Scambiandosi il segno di pace, si può dire: La pace sia con te». Non compare «[…] del Signore […] sempre» e manca la risposta Amen. Bisogna quindi seguire l’indicazione delle Precisazioni della Cei oppure l’OGMR? Inoltre poiché la traduzione italiana della terza edizione del Messale Romano non è stata ancora pubblicata, l’OGMR è già in vigore, oppure lo sarà solo quando sarà pubblicata la traduzione nuova del Messale? L’indicazione dell’OGMR del suddetto n. 154 non potrebbe poi essere modificata dalle nuove Precisazioni della Cei della prossima edizione del Messale? Inoltre perché la risposta è Amen mentre in altri casi è: E con il tuo spirito? Nel Rito della Confermazione al n. 32 infatti è scritto: «Vescovo: La pace sia con te; Cresimato: E con il tuo spirito». Anche nel Rito dell’Ordinazione dei presbiteri al n. 151 (come per l’ordinazione dei diaconi) l’abbraccio di pace tra il vescovo e gli ordinati è: «La pace sia con te a cui si risponde E con il tuo spirito». Anche in questi casi non compare «[…] del Signore […] sempre» e manca la risposta Amen, com’è stato notato anche prima. Qual è dunque la formula da usare? Quando durante la S. Messa è presente un lettore istituito, è sempre lui che proclama la prima o la seconda lettura? Se è presente invece un accolito, quest’ultimo proclama una delle due letture, dato che conserva il ministero di lettore?
Don Antonio Sorrentino risponde:
- Nello scambio di pace, quali parole dire? Conta il contenuto, non la formula esattissima e univoca. La nuova liturgia, eccetto per le parole sacramentali, non si fissa su una sola formula, ma ne usa più di una, con sfumature diverse, ma fondamentalmente con lo stesso significato. Durante la Messa, si dovrebbe usare la formula del Messale. “la Pace sia con te” a cui si risponde “ e con il tuo spirito”. Ma se si usa una formula simile, attinta ad altro contesto liturgico, non si fa una trasgressione. Il pontificale romano (n103) consente che si possano usare altre parole “evidentemente non un banale Auguri!”. Non c’è alcuna indicazione su chi debba parlare per primo e chi debba rispondere. Pertanto, quando la liturgia stesso ce lo consente, viva la spontaneità: non siamo robotizzati. San Paolo, sebbene in contesto molto diverso, potrebbe rimproverarci: “perché volete cadere nell’antica schiavitù del legalismo?”.
- L’OGMR (che è l’introduzione alla terza edizione del Messale Romano, di prossima pubblicazione) fu approvato e promulgato nel 2004. Pertanto è già in vigore. Alcuni parroci non ce l’hanno ancora, conviene regalarglielo.
- Spetta a ciascuno esercitare il proprio ministero. “SACROSANCTUM CONCILIUM” insiste: “nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e solo ciò che gli compete” (n28). Cioè: “a ciascuno il suo”. Pertanto al lettore (e non al sacerdote né a un laico in divisa o uniforme per fare spettacolo) spetta proclamare la prima lettura o anche ambedue le letture se è solo; altrimenti due lettori proclamano ciascuno una lettura ed eventualmente anche il Salmo responsoriale, a meno che non ci sia un salmista ad hoc.