Moretti: chiamati ad essere santi
Nel Pontificale per il patrono Matteo l’invito a essere testimoni della speranza: col nostro impegno Dio può cambiare il mondo
Vi riportiamo integralmente l’articolo scritto dal nostro direttore Nello Senatore per il quotidiano nazionale “Avvenire”, per il Pontificale del 21 settembre 2010.
DA SALERNO
NELLO SENATORE
Celebrare per noi questa festa non è semplicemente una scadenza che colpisce l’emotività, che richiama suggestioni e sentimenti, ma la dobbiamo vivere come un appuntamento preparato da Dio per noi.
Questo è uno dei passaggi dell’omelia del neo arcivescovo di Salerno-Campagna- Acerno, Luigi Moretti, nel giorno della solennità di san Matteo, martire, evangelista, apostolo, patrono della città di Salerno e dell’intera arcidiocesi.
Il Pontificale è iniziato alle ore 10, 30 con una solenne processione dall’episcopio alla Cattedrale, alla quale hanno partecipato il clero i religiosi i diaconi, i vescovi della metropolia, l’arcivescovo emerito Gerardo Pierro e il cardinale salernitano Renato Raffaele Martino, prefetto emerito del Pontificio Consiglio giustizia e pace.
Ad attendere il corteo religioso una Cattedrale gremita fino all’inverosimile e le autorità civile e militari. Salerno ha un legane indissolubile con san Matteo. Infatti, dall’anno 954, quando il re longobardo Gisulfo I trasferì le spoglie del santo da Capaccio a Salerno, la città vive il suo affetto con il santo Patrono. Il duca Roberto il Guiscardo dedicò all’evangelista Matteo la Cattedrale, consacrata dal papa Gregorio VII e il popolo salernitano, nel 16° secolo, volle inserire il santo nello stemma in seguito alla protezione di san Matteo allorquando la flotta del pirata, detto il Barbarossa, cercò di attaccare Salerno, ma una tempesta ricacciò la flotta e distrusse le sue navi. Da qui la dicitura «Salerno è mia, e io la difendo ». «Questa festa – ha continuato l’arcivescovo nell’omelia – chiede di vivere la verità di quello che noi siamo, perché veramente sull’esempio di Matteo anche noi possiamo essere i suoi apostoli, coloro che oggi annunciano che Gesù è risorto, che Gesù è la speranza per ognuno di noi, che oggi son capaci per la propria testimonianza di rendere visibile l’efficacia dell’amore di Dio, il quale sarà capace di cambiarci il cuore e di cambiare la nostra mente e nello stesso tempo col nostro impegno è capace di cambiare le nostre famiglie, le nostre comunità, la società».
Infine, monsignor Moretti ha concluso con un invito: «Non dobbiamo avere paura, noi siamo chiamati ad essere santi, significa che siamo chiamati a vivere la nostra vita nella comunione con Gesù Maestro e Signore perché in questa comunione possiamo sperimentare i frutti della grazia, che sono i frutti della pace, dell’amore, della serenità».
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