Sakineh, sospesa la sentenza di lapidazione

Dite a tutto il mondo che ho paura di morire.

Ma come fanno a prepararsi a mirare al mio viso e alle mie mani, a lanciarmi delle pietre? Perché? Sono Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Dite a tutto il mondo che ho paura di morire. Dalla prigione di Tabriz ringrazio quelli che pensano a me”. Sono le ultime parole credibili con le quali la donna iraniana di 43 anni, madre di due figli, chiede aiuto. Condannata per adulterio e per complicità nell’omicidio del marito, dopo quelle frasi uscite tramite un’organizzazione umanitaria dal carcere.


Le autorità iraniane hanno sospeso la condanna a morte tramite lapidazione contro Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna condannata per adulterio e complicità nell’omicidio del marito. Lo ha riferito oggi il ministro degli esteri iraniano Ramin Mehmanparast alla televisione di stato iraniana in lingua inglese Press Tv. «Il verdetto è stato fermato ed è al momento sotto revisione», ha detto Mehmanparast.

Sakineh Mohammadi Ashtiani, 43 anni e due figli, era stata condannata nel maggio 2006 per “relazione illegale” con due uomini e aveva immediatamente ricevuto una prima condanna di 99 frustrate. La donna è stata anche accusata di coinvolgimento nell’omicidio del marito da parte del cugino Issa Taheri, condannato all’impiccagione. In quell’occasione Sakineh era stata assolta ma, poco dopo, i giudici avevano riaperto il dossie d’adulterio e condannato Sakineh a 10 anni di prigione e successivamente, alla lapidazione. In un’intervista telefonica il ministro Mehmanparast ha fatto sapere che la Corte sta ancora indagane sulle accuse di omicidio. La lapidazione in Iran esiste dal 1979 quando con la rivoluzione islamica fu introdotta la legge della Sharia. «È un caso come tutti gli altri – ha detto il ministro – si tratta di un dossier come molti altri che esistono in altri paesi».

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